Nel 1978 un film girato con un budget di 325.000 dollari ne incassò 47 milioni soltanto negli Stati Uniti diventando non solo la produzione indipendente di maggior successo nella storia del cinema americano ma anche una delle più importanti e rivoluzionarie pellicole del genere horror. Era ‘Halloween’, scritto e diretto da un giovane regista allora trentenne, John Carpenter, che diede il via ad una saga che tra sequel e reboot conta altri dodici film, l’ultimo dei quali – ‘Halloween kills’ – è arrivato in sala interpretato da Jamie Lee Curtis, eroina di molti episodi.
Nel capostipite tutto partiva da un ragazzino di 6 anni, Michael Myers, che nella tranquilla cittadina di Haddonfield, in Illinois, la notte di Halloween uccideva a coltellate senza alcun motivo la sorella maggiore che gli stava facendo da baby-sitter. Da allora, e sono passati 43 anni, non ha più smesso di uccidere entrando e uscendo (pardon, fuggendo) da vari ospedali psichiatrici. ‘Halloween kills’ inizia dove finiva il precedente ‘Halloween’ di tre anni fa che era un sequel diretto del film del ’78, nel senso che aveva ignorato tutto quanto era accaduto nei tanti sèguiti successivi. Allora Michael era rimasto intrappolato in una casa in fiamme e considerato morto. Errore, il nostro eroe (si fa per dire) ne viene fuori come non fosse successo nulla.
Fedele al titolo, ‘Halloween kills’ è facilissimo da raccontare: siamo sempre in una notte di Halloween e lui va in giro ad ammazzare quanta più gente possibile (si perde il conto) mentre la polizia è impotente, la gente si organizza per farsi giustizia da sola e poco importa se muore anche qualche innocente. Non c’è dubbio che piacerà agli appassionati del genere ma mi permetto di avanzare qualche riserva per una storia che dall’horror vira decisamente allo splatter. Per carità, in sé niente di male ma l’impressione è che ormai si raschi il fondo del barile senza un’idea che sia una (nonostante tre sceneggiatori) in una continua serie di rimandi a ciò che è accaduto nel passato.
Quello di Carpenter era un gran film perché non si basava sugli omicidi (Myers ne compiva ‘solo’ cinque) e soprattutto non si vedeva una goccia di sangue. Tutto era costruito sull’atmosfera e sull’aspettativa di quello che sarebbe potuto accadere, tanto che è inquietante ancora oggi. Quando invece come in ‘Halloween kills’ Michael non fa altro che uccidere in maniera truculenta e senza soluzione di continuità giovani, anziani, maschi, femmine, coppie omo e coppie etero, per lui va bene tutto, per me non c’è più spazio per la paura vera, quella che nasce dall’attesa di qualcosa che deve succedere, sai che prima o poi succederà ma non sai quando.
Qui invece tutto è prevedibile tanto che alla fine, dopo 105 minuti di un film il cui mantra – ripetuto più volte – è ‘il male muore questa notte’, se pure l’uomo nero col volto coperto come sempre da una maschera bianca cade a terra a colpi di forcone, pallottole, bastonate e calci sappiamo benissimo che a dispetto di ciò che si vede non è morto neanche questa volta. La saga deve continuare tanto che l’uscita del prossimo episodio è già prevista per il 2022. Speriamo almeno con una storia un po’ migliore.
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Il film della settimana: "Halloween kills", quando l'horror diventa splatter
In sala il dodicesimo capitolo della saga iniziata nel 1978
2 minuti e 55 secondi di lettura
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