cronaca

I testi delle due chiamate giunte a un avvocato e a Soracco. L'intuizione della criminologa
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Due telefonata anonime di una donna subito dopo l'omicidio di Nada Cella, la prima una decina di giorni dopo a un avvocato di Chiavari, la seconda dopo alcuni mesi, ad agosto, nella segreteria di Marco Soracco.

Forse a telefonare è la stessa persona.
In entrambe le telefonate si dice che l'assassina poteva essere una certa Anna, che abita in zona e che qualcuno la mattina e all'ora del delitto ha visto allontanarsi con l'aria stravolta da via Marsala mentre salita sul suo motorino.

Gli accertamenti scoprono poi che la donna in questione è Anna Lucia Cecere,
abitante nella zona, in corso Dante 57, che finisce sul libro degli indagati grazie ai carabinieri: in casa ha bottoni di metallo identici a quello con su una scritta in inglese rinvenuto sul luogo del delitto. Una pista importante. Ma sottovalutata da tutti per 25 anni. Il magistrato di allora archivia la posizione della Cecere e dice ai poliziotti di non sprecare risorse su quella pista già vagliata dai carabinieri.

E' questo forse il momento in cui l'indagine di uno degli omicidi irrisolti più angoscianti d'Italia si smarrisce

Quella donna scompare nel nulla e il suo nome si perde fra le centinaia di nominativi vagliati dagli inquirenti, perlopiù testimoni, anche se lei è stata indagata.

E dire che per scoprire a chi poteva appartenere quel bottone
con sopra scritto "great seal of the state of Oklahoma" rinvenuto in una chiazza di sangue gli investigatori della mobile avevano battuto tutti i negozi di bigiotterie e persino le fabbriche, anche all'estero.

E invece basta rimanere a Chiavari, a due passi da via Marsala, e tornare nella casa della Cecere che di quei bottoni ne aveva più di uno, conservati e poi sequestrati dai carabinieri.
Atti ovviamente comunicati al magistrato che, come da prassi, li ha messi a disposizione dei titolari delle indagini: i poliziotti della squadra mobile di Genova.

Ma per 25 lunghi anni nessuno collega le due telefonate anonime che parlano di Anna Cecere e i bottoni sequestrati nell'abitazione della donna, che fra l'altro dopo il delitto scompare, va via da Chiavari, si trasferisce a Cuneo, dove fa l'insegnante.

La svolta da un'intuizione della criminologa barese Antonella Delfino Pesce. Lei, arrivata a Chiavari per una tesi su Marco Soracco, esempio di vittima della giustizia, ma anche per aiutare la famiglia di Nada, studia le carte e punta subito il dito contro la Cecere.

Il resto è nella cronaca delle ultime ore: la nuova indagata sottoposta all'esame del dna che sarà comparato con quello di capelli e sangue rinvenuti sul luogo del delitto. Il suo futuro, come quello del giallo di Chiavari, è appeso a quel responso: l'ultima parola spetterà al professor Emiliano Giardina, il genetista che arrivò all'Ignoto 1 nel caso di Yara Gambirasio.

Ecco i testi delle due telefonate anonime:

Quella che riceve il 15 maggio l'avvocato Gianluigi Cella nel suo studio di via Roma 54.

A parlare è una donna che si definisce "una signorina" che asserisce che "alle 8.50 di lunedì 6 maggio, transitando a bordo della sua auto per via Entella, all'altezza dell'incrocio con via Marsala, aveva visto una ragazza a lei nota come "Anna", abitante in corso Dante mentre partiva con i suo motorino parcheggiato in via Marsala dinanzi al negozio di calzature Casella, per salutarla aveva cercato di richiamare l'attenzione facendo un cenno con la mano e suonando il clacson dell'auto, ma la donna non l'aveva notata mentre lei si era accorta che "Anna" aveva un'espressione sconvolta.

La seconda telefonata che indica in Anna Cecere la possibile assassina viene registrata dalla segretaria telefonica di Marco Soracco il 14 agosto dello stesso anno dell'omicidio.


E' lo stesso commercialista a consegnare il nastro magnetico
con la telefonata di una donna che afferma di avere 24 anni e dice di avere dei sospetti "su una certa Cecere" che lei ha visto fuggire con un motorino di via Marsala, la stessa riferiva di avere informato "gli avvocati del commercialista e delle vittima, ma anche la Curia".

Soracco ai poliziotti aggiunge che contrariamente a quanto riferito dalla donna gli sembrava che a parlare fosse un'anziana
e non ha riconosciuto in quella voce nessuna delle persone da lui conosciute.