Come tanti, forse tutti i cronisti di lungo corso della mia generazione, ho veramente fatto un salto di entusiasmo alla notizia della soluzione che avrebbe trovato il giallo della morte della povera Nada Cella. Quell’inchiesta senza soluzione alcuna per trovare l’assassino in una vicenda non certo intricata, nel centro di una città tranquilla come Chiavari, con vicende facilmente ricostruibili intorno ai protagonisti, era veramente un buco nero per la giustizia.
Ricordo bene come quell’omicidio avesse sconvolto l’opinione pubblica e come sembrava impossibile che non si trovasse da subito la soluzione. Eppure, mese dopo mese, anno dopo anno, il caso era precipitato nel buio assoluto e poi nel dimenticatoio, salvo le rituali e inevitabili ricostruzioni dei casi insoluti nelle quali Nada Cella appariva puntualmente al primo posto.
Invece finalmente sembra che la giustizia sia arrivata, tanti anni dopo. Ma come? Attraverso una strada assolutamente imprevedibile e non certo lungo il corso rituale dei processi, che oggi trovano soluzione magari anche per le grandi novità tecniche, in primis l’analisi del Dna, pescato grazie a miracolose coincidenze.
La verità che si sta profilando per quel giallo antico sarebbe a portata di mano grazie alla ricerca minuziosa, persistente di una criminologa, diventata tale grazie a una fortunata coincidenza: dovendo fare una ricerca su un caso irrisolto le era stato indicato proprio quello di Nada Cella.
E così la giovane studiosa si è appassionata al punto da sbrogliare una matassa inestricabile, partendo, tra l’altro, dagli errori scoperti nell’inchiesta ufficiale. Quella che era inizialmente una tesina, una ricerca accademica, è diventata il fascicolo processuale fondamentale di un caso clamoroso, oramai abbandonato negli archivi, nella polvere, appunto, dei gialli irrisolti.
E meno male che il velo si sta alzando sulla morte terribile di quella ragazza di 24 anni, massacrata in ufficio in un prima mattina di primavera di 25 anni fa. Se si arriverà al processo, se la persona indagata sarà rinviata a giudizio e dovrà rispondere di quella terribile accusa, si potrà concludere che la giustizia è riuscita a a trionfare.
Ma questo avviene grazie a una giustizia “supplente”, quella di una iniziativa privata e solitaria che è riuscita a fornire da sola gli strumenti a quella pubblica e ufficiale che li aveva smarriti e non trovati per le sue deficienze. Merito del riconoscimento che oggi viene dato a questo sforzo investigativo del tutto casuale da parte degli inquirenti ufficiali. Ma dopo un fallimento.
Quindi viva la giustizia, ma aggiungiamoci quel particolare su cui riflettere oggi che si parla tanto di crisi della giustizia: viva la giustizia “supplente”.
cronaca
Nada Cella venticinque anni dopo e la giustizia "supplente"
Finalmente sembra che la giustizia sia arrivata, tanti anni dopo
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