Ma è davvero così corrotta questa città? Viviamo davvero in mezzo a comitati d’affari che gestiscono ogni minuto della nostra vita in cambio di favori? Le inchieste di questi primi mesi del 2008 hanno ributtato Genova indietro di anni, all’epoca di tangentopoli. La politica, nuova e meno nuova, sembra riuscire con difficoltà a trovare strade trasparenti, ma si chiude sempre di più nei giochetti di bottega, bassa bottega, che hanno come unico risultato il distacco completo dei cittadini dalla vita e dall’impegno pubblico.
In questo mare melmoso abbiamo ascoltato finalmente da parte di un politico un discorso intelligente, serio, appassionato. Il sindaco di Genova, Marta Vincenzi, ha accolto il Papa con parole degne di un rappresentante laico. Intanto non ha nascosto l’emozione, le si leggeva sul volto. Ha voluto riconoscere un ruolo particolare alla chiesa di Genova: il ruolo forte che hanno sempre avuto i sui arcivescovi dal cardinal Boetto a Siri, da Bertone al cardinale Bagnasco. Ruolo di presenza attenta, sul sociale, addirittura con Siri un ruolo inconsueto di mediazione sindacale e politica quando il contrasto tra portuali e Consorzio era al limite della tensione. Ma ha anche rilevato, con garbo e fermezza, la laicità della politica, senza ricorrere alle ideologie ammuffite, alla retorica girotondina da cui troppo spesso siamo circondati. Infine, il richiamo ai doveri del politico e dell’amministratore: non possiamo tendere al bene assoluto, ha detto la Vincenzi, ma dobbiamo lavorare per il bene collettivo. Questa frase, pronunciata mentre Genova è scossa dalle inchieste, ha assunto un valore particolare. E un impegno davanti alla città.
IL COMMENTO
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