Cronaca

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Sono stati sentiti alcuni testi al processo iniziato oggi a carico di Alessandro Berri, il medico del 118 accusato di omicidio colposo per il decesso di Bruno Nicoli, il trentottenne morto dissanguato il 22 giugno 2003 dopo aver sfondato con un calcio una porta a vetri. Berri è difeso dagli avvocati Patrizia Franco ed Ersilio Gavino. Secondo l'accusa il medico, nella sua qualità di specialista in chirurgia d'urgenza e pronto soccorso, avrebbe omesso di applicare un bendaggio elastico sulla vasta ferita e non avrebbe somministrato a Nicoli liquidi per fronteggiare la copiosa emorragia. Il paziente giunse in pronto soccorso ancora cosciente ma ormai esangue e poco dopo morì. L'incidente avvenne verso le 13,35 in via Ansaldo, nel quartiere di Marassi quando Nicoli sferrò un violento calcio contro una porta a vetri dopo un litigio con un'amica. Un vetro gli si conficcò in una gamba provocando una profonda ferita dalla quale il sangue iniziò a uscire copioso. Dei soccorsi ha parlato stamane, come teste, l'infermiera professionale in servizio presso la centrale del 118 di San Martino che arrivò sul posto con il dottor Berri. "Il paziente - ha detto - era in uno scenario critico: c' era molto sangue, anche coaugulato, ed aveva una ferita estesa nella gamba. Al momento del nostro arrivo non zampillava più, forse perché non c'era più pressione sufficiente. Aveva un laccio emostatico da prelievo al ginocchio". La teste ha spiegato che Berri rimosse il laccio (era stato messo da un'infermiera vicina di casa) perché non serviva, e passò a controllare le vie aeree mentre la teste cercò di tamponare la ferita con delle garze anche se, ha detto, "non vi era quasi più nulla da tamponare". Ha poi riferito che non fu approntato un laccio arterioso e non furono somministrati liquidi al paziente ed ha ricordato che Nicoli era ancora cosciente fino all'arrivo in ospedale. A questo proposito il dott. Berri ha poi fatto una dichiarazione spontanea riferendo che era una "coscienza molto relativa e a fasi alterne". Nicoli fu poi portato in sala rianimazione e, nonostante fosse andato in arresto cardiaco, il dott. Berri tentò di rianimarlo intubandolo e facendogli una flebo. E' poi stata sentita l'infermiera che mise il laccio emostatico ed una benda sulla ferita, alcuni operatori del 118 che risposero alle numerose telefonate fatte dai vicini di casa e due persone che abitavano nel palazzo.