A ben riflettere sulle due questioni ‘religiose’ che polarizzano o piuttosto ipnotizzano l’attenzione della città: la moschea volante da un luogo all’altro ( a imitazione della Casa di Loreto ) , e i bus ‘atei’ di cui sembra stia per riproporsi una versione purgata, c’è da aspettarsi che prima o poi anche le canzoni di John Lennon saranno messe al bando, a cominciare da ‘Imagine’ ( ‘no religion too…’), e poi ‘God’ ( ‘Dio è un concetto con cui misuriamo le nostre pene’ ) e addirittura ‘Give Peace a Chance’, dove il vero scandalo è la pace, che non si cura di Imam,Rabbini, vescovi e ‘Pop-eyes'. Il conflitto tra religioni - a cinquant’anni dal Concilio Ecumenico - torna a proporsi come giustificazione al ‘conflitto tra Civiltà’. Non aveva torto, allora, il grande e scandaloso Lennon, nell’additare la religione come uno dei principali ostacoli sulla strada della pace. Le reazioni alla questione della moschea e alla vicenda dei bus ‘atei’ - lo stesso farne una ‘questione’ su cui dividersi – testimoniano di questo dilagare dell’intolleranza in nome della religione, non più soporifero oppio, ma eccitante cocaina dei popoli. Sembra che la religione venga somministrata o assunta come antidoto alla paura: paura del troppo pieno ( siamo sempre più costretti a contenderci spazi vitali e risorse), ma anche del troppo vuoto ( il ‘vuoto di Dio’ che affligge l’uomo d’oggi).La religione pare tornata a promuovere il conflitto anziché la fratellanza e la solidarietà, a incoraggiare – attraverso la paura – l’insofferenza e addirittura l’odio per il vicino. Non più soccorrevoli né capaci di simpatia, il sentimento religioso ci serve a trovare la giustificazione per la nostra intolleranza. Ogni disegno o delirio totalitario ha sfruttato questo strumento.Quali rimedi si possono opporre alla tentazione dell’intolleranza? Serve a poco, temo, invocare la legalità e i diritti fondamentali .La legalità e il suo bastione principale, la Costituzione, non riscuotono oggi grande consenso.I diritti fondamentali ( quello di esercitare liberamente il proprio culto, quello di esprimere il proprio pensiero, nel rispetto degli altri culti e delle altrui convinzioni ) sono minacciati dalla crescente dittatura di una chiassosa pseudo-maggioranza che indossa la maschera del consenso mediatico.Con la crisi della legalità costituzionale si spiegano molti casi , nazionali e locali: quello – tragico – di Eluana Englaro, costretta a non morire, ma anche quello della moschea e quello – minimo ma non irrilevante – dei bus ‘atei’: un peccato veniale contro il buon gusto e la sensibilità dei credenti.Come ritrovare la strada smarrita della Costituzione e dei diritti fondamentali che nessuna maggioranza può sopprimere e sui quali –ha scritto Zagrebelsky – ‘ non si vota’ ? E come restituire alla religione la funzione di ‘legare’ gli adepti senza dividerli fatalmente dagli altri, i ‘non eletti’? La questione della moschea, nel suo porsi come apparentemente minore o secondaria, può essere l’occasione per cominciare a dare una risposta a queste domande. Un luogo di culto non è prima di tutto un luogo di esclusione, una specie di ghetto religioso, ma un luogo di comunicazione e condivisione: di convivialità, direbbe Ivan Illich. La scelta della sua ubicazione dovrebbe essere vissuta come un dono fatto alla comunità in cui viene a inserirsi, non elemento estraneo e ostile, ma occasione di arricchimento, non solo in senso spirituale. Luogo di preghiera, ma anche di incontro e – perché no – di festa, la moschea non deve togliere ma aggiungere opportunità al quartiere che la accoglie. Il suo arrivo deve essere interpretato dalla comunità come una valorizzazione e non come una penalizzazione ulteriore, una sottolineatura della propria esclusione. Il degrado e l’isolamento , la solitudine, la stessa insicurezza devono trovare nel nuovo elemento il principio di un cambiamento e non la conferma di una marginalità. Dovunque la si ponga, nel suo peregrinare da un luogo all’altro della città, la moschea dovrà essere accompagnata da concreti segnali e iniziative in questo senso. Si cominci , perché non venga considerata un’ entità ‘aliena’ , con l’affidarne la gestione a un comitato in grado di assicurare la trasparenza e la funzione anche comunitaria . Così ha molto opportunamente suggerito Abu Bakr Moretta, esponente di spicco degli islamici italiani moderati ( curiosamente esclusi dalla Consulta comunale per le religioni…) . Nel pieno rispetto delle esigenze di culto, il comitato dovrebbe essere il momento di collegamento tra la moschea e la comunità in cui si viene a inserire concretamente l’espressione di una delle tre grandi religioni monoteistiche. E’ una grande occasione, in sostanza, quella che si deve offrire alla comunità di quartiere e alla città intera, per restituire al sentimento religioso quella valenza universale che lo renderebbe prezioso e irrinunciabile anche per John Lennon.
* Magistrato
IL COMMENTO
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