Cronaca

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Gli italiani lo chiamno pangasio, i vietnamiti 'catfish', cioé pesce gatto e lo esportano in tutto il mondo e sempre più intensamente anche in Italia: nel 2008 ben 142 tonnellate, nei primi tre mesi del 2009 già 110 tonnellate. Queste cifre preoccupano tutti quelli che in Italia denunciano grandi dubbi sulle qualità nutrizionali e sulle caratteristiche organolettiche di un prodotto nato dalle acque del Mekong (un fiume non proprio limpidissimo) e servito spesso nelle mense scolastiche (a volte spacciandolo per merluzzo nostrano). Il pangasio è stato protagonista oggi a Slow Fish in una conferenza alla quale hanno preso parte rappresentanti della ristorazione collettiva e dove l'avvocato difensore del catfish é stato Tran Thanh Hai, consigliere economico dell'ambasciata del Vietnam in Italia. "La storia di questo pesce è fatta di contrasti tra verità e paure - ha affermato -. I timori dei genitori italiani derivano da motivi fuorvianti o da cattiva informazione, che porta ad emarginare il cibo straniero. La verità è che da sempre in Vietnam consumiamo il pangasio pescato alle foci del Mekong e che lo esportiamo in tutto il mondo, in oltre 130 Paesi, superando senza problemi tutti i controlli internazionali. Recentemente in Egitto i media hanno avviato una campagna anti-pangasio, tanto da costringere le autorità a vietare l'importazione di questo pesce, un divieto che è ben presto caduto perché le accuse erano senza fondamento". "Da qualche tempo - ha proseguito il funzionario vietnamita -alleviamo il catfish in stagni o piccoli laghi, in modo tale da non utilizzare le acque del Mekong, non pulitissime, e valorizzare al meglio le sue proprietà nutritive". Alle contestazioni generali sull'opportunità di far arrivare dal Vietnam fino alle mense italiane un pesce che non garantisce alti livelli per la nutrizione, il consigliere dell'Ambasciata ha risposto con ironia: " che dire allora dei motorini italiani che hanno invaso le strade di Hanoi?".