Politica

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Mentre l’attuale governo di Destra si avvita su se stesso nell’incapacità di dare risposte coerenti alla crisi e nello stesso tempo cresce il discredito internazionale del suo leader, la Sinistra che fa?

A rigore di logica dovrebbe immediatamente proporsi come alternativa credibile al Paese, predisponendo adeguate strategie per arrivare al ricambio e mettendo a punto efficaci ricette politiche di risposta alle domande sempre più ansiose degli italiani. Dovrebbe… Invece continua a spargere lacrime inutili sul telaio dove intreccia i fili della propria identità (smarrita) e della propria purezza (presunta). Insomma, si condanna con le proprie mani all’insignificanza. Tanto per darsi una mossa ripete all’infinito i riti di scissioni che ormai si riducono all’infinitesimale. Tipo quella del compagno Rizzo, che pratica il grottesco demagogico come strategia diversiva contraddicendo - in primo luogo - la propria stessa biografia di personaggio aggrappato da più lustri alle istituzioni nazionali ed europee, con annessi emolumenti non trascurabili e benefit d’ordinanza. Privilegi che ora il ben noto “proletario” vorrebbe sostituire con un gettone unificato da mille euro per qualsivoglia carica pubblica in qualsivoglia sede.

Ma perché non ci aveva pensato e detto prima? Uno spettacolo complessivo che getta nello sconforto chi continua a credere in una politica “a sinistra”. Ma una politica “a sinistra” – come ci ha insegnato la tradizione, secolare quanto preziosa, cui facciamo riferimento – non può che partire da una limpida definizione del campo in cui si opera: dall’analisi del reale per prospettare il possibile; un nuovo mondo auspicato. Partire dalla riflessione sui recenti risultati delle elezioni europee, che qualcosa dovrebbero pur dirci. La prima domanda da porsi al riguardo è come mai abbia perso ogni capacità attrattiva il simbolo che racchiude il senso della nostra storia: la falce e il martello. Lo dico con il rammarico profondo di chi per tutta la vita ha innalzato tale simbolo. Però è andata proprio così.

Non sarà perché la società italiana è profondamente cambiata? Ma quanto conosciamo oggi la società che vorremmo rappresentare? Cos’è diventato il mondo del lavoro a cui dichiariamo di rivolgerci? Come mai le partite Iva in Italia sono due volte quelle francesi e quattro quelle inglesi? Senza un’attenta esplorazione del tessuto sociale e una puntuale individuazione delle dinamiche in atto non andremo da nessuna parte. Nient’altro che realismo. Tanto per incominciare. Un tempo questo realismo desaparecido era una virtù cardinale del comunismo italiano.

* Capogruppo regionale Comunisti Italiani