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Argomento fondamentale per una una delle categorie in cui si registra il tasso di suicidi più alto- Oggi il convegno sui rischi professionali nel servizio di polizia
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di Aurora Bottino

GENOVA - Si ammalano anche i poliziotti, "non siamo superuomini". È questo il fulcro del convegno organizzato dal Siap di Genova al teatro Sivori, dove si sono affrontati quelli che sono i rischi professionali nel servizio di polizia.

Per una delle categorie con il tasso di suicidi più alto, il discorso del disagio psicologico è stato per anni un taboo, la conseguenza del famigerato articolo 48, per il quale al poliziotto che lamenta un qualsiasi problema psicologico l’iter prevede l’immediata interruzione dell’attività lavorativa, con la confisca di arma e tesserino, "l’argomento potrebbe fare la differenza tra una tragedia e un percorso di cura".

Proprio a Genova è stato spiegato, in ogni suoi dettagli, per il nuovo articolo 48 bis del DPR 782/85, già approvato dal Consiglio dei Ministri e che verrà pubblicato sulla Gazzetta a giorni, grazie al quale i poliziotti a cui viene riconosciuta una condizione di disagio psicologico potranno continuare a lavorare, senza però l’arma.

"Sono quei rischi che caratterizzano il nostro lavoro, sono rischi di cui, fino a poco tempo fa, non si poteva parlare - spiega il segretario nazionale del sindacato di Polizia Roberto Traverso -. Finalmente si potrà riconoscere il disagio psicologico: si abbatte un diaframma di timore da parte dei poliziotti. Indossare una divisa non significa essere immuni alle malattie, di tutti i tipi".

Il segretario nazionale del parla di un vero e proprio messaggio, che da Genova arriva al resto dell’Italia: "Vogliamo dare un messaggio culturale dal capoluogo ligure: il poliziotto è sempre visto come quello che pensa alla sicurezza di tutti, ed è vero, ma c’è anche il diritto individuale di ogni poliziotto di pensare alla sua salute - ha detto Giuseppe Tiani, Segretario Generale Sindacato Italiano Appartenenti Polizia -. Oggi è importante perché diamo un messaggio di apertura al resto della società, del mondo: noi siamo persone normali che svolgono un'attività complessa e delicata, la capacità di osservare, guardare, analizzare e trovare soluzioni a degenerazioni patologiche sanitari è fondamentale".

"Il lavoro del poliziotto è un lavoro complesso, si sceglie solo se si ha la passione e le abilità per portarlo avanti - racconta il direttore del servizio di psicologia, direzione centrale di sanità del reparto di pubblica sicurezza -: soprattutto determinati reparti del corpo fanno un lavoro che può essere davvero stressante, penso alla stradale, alla scientifica che ogni giorno deve vedere scene molto pesanti, ma anche la postale che deve guardare per ore e ore lo stesso video in cui ci sono abusi di ogni genere. Inoltre, i poliziotti sono uomini: ci sono divorzi, problematiche famigliari e molto altro, tutto quello che ognuno di noi deve affrontare. Bisogna aiutare le persone quando il disagio è ancora ai primi stadi e questa è l'occasione per farlo".

 

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