GENOVA - Dalla Colombia alla terra Maasai passando per Genova, l'Australia, l'Inghilterra e non solo. Gaia Dominici ha trentanni e diverse vite alle spalle. La sua dimensione l'ha trovata in Kenya, alle pendici del Kilimangiaro, dove ha sposato un guerriero Maasai e dove sta crescendo sua figlia.
In questa nuova vita Gaia è diventata Naramatisho che significa 'persona che si occupa degli altri e su cui gli altri possono contare'. È il nome che le hanno dato i membri della comunità Maasai dove vive con suo marito Ntoyiai e alla loro bimba di due anni e mezzo, Lily Rose Naresiai che vuol dire 'persona con ricchezza'.
Ma Gaia da tre anni è anche siankiki, 'giovane donna' in lingua Maasai, il nome del profilo Instagram attraverso il quale racconta la vita della sua famiglia.
Dal suo boma, l'abitazione tradizionale Maasai, al confine con la Tanzania, in mezzo a due parchi naturali, Gaia si è collegata in diretta con Primocanale, nella rubrica 'Finestra sul mondo' per raccontare la sua storia che ha scritto nel libro 'La nostra vita nella savana'.
"Il popolo Maasai è per natura un popolo estremamente accogliente, pacifico e mi sono sentita accolta in maniera estremamente genuina come una sorella una figlia e una nipote un'amica - racconta Gaia - non mi hanno mai fatto sentire estranea, tanto che è interessante che in lingua swahili non esiste la parola straniero ma esiste solo la parola ospite".
Le tante vite di Gaia iniziano in Colombia dove nasce nel 1992 a Santa Fe de Bogotà, poi l'adozione a due mesi e mezzo e l'arrivo a Genova, poi la partenza per l'Australia. Grazie a una Reflex regalata da sua mamma si innamora della fotografia e si trasferisce in Cornovaglia alla Falmouth University per seguire un corso di fotogiornalismo. Passa un mese in Brasile a documentare la realtà delle favelas, l'anno dopo arriva in Kenya sempre per lavoro per documentare la vita negli slum. Poi per caso si è trovata qualche giorno in terra Maasai e lì ha incontrato quello che poi sarebbe diventato suo marito.
Era il 2014 ed è un incontro che sembra un film: "Mi trovavo nella savana e mi stavo concentrando in un progetto fotografico sulle donne Maasai - ricorda Gaia - una ragazza si era proposta di fare delle foto ma non aveva avvisato suo marito, una volta arrivato il marito alla presenza di una ragazza non Maasai in casa che fotografa la moglie è rimasto contrariato, non è stata una situazione piacevolissima, poi è arrivato questo ragazzo alto due metri con il volto avvolto da uno shuka il telo di cotone colorato che è alla base dell'abbigliamento tradizionale si è fatto fotografare e così la situazione si è risolta e ho conosciuto Ntoyiai, non è stato un colpo di fulmine ma qualcosa di più, è stato un riconoscersi".
Nel boma non c'è acqua corrente e neanche elettricità qual è la quotidianità?
"Il nostro matrimonio è l'unione di due culture ed entrambi abbiamo costruito un rapporto che tenesse conto delle nostre differenze culturali e quindi la mia quotidianità è diversa da quella di una tradizionale moglie Maasai per esempio al momento stiamo dividendo le capre dalle pecore perché ieri abbiamo spostato il nostro bestiame perché questo il periodo più secco quindi al momento sto seguendo un po' che cosa stanno facendo con il bestiame dove le porteranno al pascolo e poi tra un po' andrò a dedicarmi alle mie attività. Io lavoro prevalentemente sui social ed essendo fotogiornalista mi sono un po' rinventata: invece che raccontare storie degli altri racconto la nostra vita.
Ci svegliamo molto presto al mattino intorno alle 5.30/6, poco prima dell'alba, si accende il fuoco, ovviamente ogni cosa richiede tempo quindi anche solo che per cucinare la colazione ci vogliono circa due orette e dopo di che al mattino presto ci si dedica al bestiame e poi io e mio marito andiamo via, mio marito segue il bestiame, io magari vado in town a circa 30/40 minuti di moto da qui e nostra figlia va a giocare dalla nonna nel suo boma a 10 minuti da qui. Io poi mi occupo anche di Pamoja Shop che è il nostro progetto di artigianato locale che dà lavoro anche ad altre donne della comunità".
"La nostra è una vita molto semplice, ci sono dei ritmi molto più diluiti rispetto a noi e anche la percezione del tempo è diversa anche per la vicinanza all'Equatore le giornate sono più corte e intorno alle 17/18 la giornata è quasi finita".
Sul profilo Instagram siankiki racconta la quotidianità anche della figlia Nare: "Per lei è una cosa naturalissima appartenere a due culture diverse, quando c'è amore e quando c'è desiderio di far funzionare qualcosa non ci sono barriere nè linguistiche, né culturali, né di tradizioni, nè religiose che non permettano l'amalgamarsi di due o più culture quindi in realtà per mia figlia è tutto molto più semplice, naturale e spontaneo e non c'è difficoltà o meccanicità nel fondere due culture".
In uno dei post che hanno ricevuto più consensi Gaia-Siankiki sintetizza così quello che ha imparato in questi anni: "I Maasai possiedono poche cose e quel poco che hanno spesso lo regalano. A chi ne ha più bisogno, a chi lo chiede in prestito e anche a chi non ne meriterebbe nemmeno la metà. Io, neanche questo ero in grado di fare. Abituata a guadagnare, risparmiare, mettere da parte per il mio unico ed egoistico benessere; nella mia vita tra i Masai ho imparato che cosa è l’aiuto reciproco, la gioia di donare senza aspettarmi nulla in cambio e di pensare anche agli altri, oltre che a me stessa (…) Ora mi sento più ricca, più piena, più grata. Forse… più umana".
IL COMMENTO
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