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Solo dopo quella tragedia, e la condanna di un sindaco, si è cambiato passo nella prevenzione: aspettando il grande scolmatore nel Bisagno
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di Michele Varì

GENOVA -C'è il sole oggi, ma appena ieri era allerta gialla e la città è stata squassata da un nubifragio, per fortuna durato solo un paio d'ore.

Il 4 novembre non potrà mai essere una data come un'altra per Genova. E'il giorno dell'alluvione del Fereggiano del 2011. Sei donne morte, un mamma Shpresa Djala e le sue due figli Gioia e Janissa, l'edicolante Evelina Pietranera che dopo il turno di lavoro tornava a casa, Serena Costa, la ragazza che era andata a prendere a scuola il fratellino, la mamma Angela Chiaramonte che dopo avere preso il figlio nella scuola è riuscito a salvarlo dall'onda, ma non ce l'ha fatta.


Genova non dimentica e davanti alla stele fra via Fereggiano e corso De Stefanis ci sono tanti abitanti di quella fetta di Valbisagno, qualcuno depone un mazzo di fiori, poi solo racconti, perché oggi è la giornata del ricordo, un ricordo che fa male perché con le nuove disposizioni di protezione civile quelle donne sarebbero ancora vive. Bastava chiudere le scuole e molte di loro si sarebbero salvate, bastava anche chiudere le strade dopo la prima ondata, bastava anche posizionare i volontari lungo il Fereggiano per lanciare l'allarme in tempo reale. Invece quanto il Fereggiano è diventato cattivo, grigio e poi nero, allagando tutti e schiantando le vittime in un sottoscala di un palazzo, il traffico continuava ad procedere. La sindaca Vincenzi e i vertici della protezione civile fra l'assessore Scidone sono stati condannati. E questo restituisce un po' fiducia alle famiglie che però serene da 11 anni non sono mai più state.
Davanti alla stele ci sono tutte le famiglie, anche se manca il marito e papà delle tre albanesi. Lui ogni 4 novembre, nonostante si sia rifatta una famiglia, va in Albania a piangere sulle tombe delle sue care. In corso De Stefanis c'è la mamma, la nonna delle piccole e tanti altri familiari senza voglia di parlare.
Parlano invece gli altri reduci di questa tragedia tutta italiana, familiari che hanno il dolore dentro ancora intatto, parlano come mossi dal dovere, perché tutti devono sapere e la memoria collettiva non sbiadisca.

Oggi è stato ricordata l'ultima vittima di una alluvione, Antonio Campanella, infermiere sorpreso sulle sponde del Bisagno a Borgo Incrociati nell'ottobre 2014 nonostante lì non potesse stare e gli era stato intimato di allontanarsi dai volontari della protezione civile.

La speranza figlia di queste immani sciagure è nei due canali scolmatori della Valbisagno: quello del Fereggiano, già attivo da anni, quello più importante che capterà acqua nel Bisagno, iniziato da due anni e che, pur già in ritardo, dovrebbe terminare entro due anni e mezzo anche grazie a speciali macchinari, coma ha assicurato Pietro Piciocchi, l'assessore ai lavori pubblici del comune di Genova oggi a rappresentare anche il sindaco Bucci.

L'ultima immagine, la più toccante, è la nonne delle bambine albanesi inghiottite dal fango, che accarezza quella stele come accarezzasse le sue due nipotine volate in cielo.

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