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Abul Khalam Ajab faceva l'autista ma gli hanno rubato la macchina mentre era in servizio e non aveva abbastanza soldi per ripagarla al suo capo, quindi ha dovuto lasciare il Bangladesh.
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di Riccardo Olivieri

 

GENOVA - Sono 39 i migranti arrivati a Genova da Lampedusa tra il pomeriggio e la notte di lunedì. I migranti sono stati sistemati nelle 10 tende allestite in via Don Giovanni Verità, nell'area degli ex cantieri navali Costaguta. Le 39 persone arrivate sono tutte di sesso maschile e provengono dall'Africa, soprattutto Burkina Faso, Niger e Mali, ma anche dall'Asia, in particolare dal Bangladesh come Abul Khalam Ajad, che ci ha raccontato la sua storia.

Da dove sei partito e quali tappe hai dovuto attraversare per venire in Italia?

"Sono arrivato dal Bangladesh a Dubai e poi sono arrivato in Libia e da lì sono partito per l'Italia. Quando sono arrivato in Libia ho avuto paura per questioni di mafia. Sulla barca che ci ha portati in Italia si è spento il motore due o tre volte. Quando eravamo circa a metà strada una barca ci ha trovati e ci ha portati a Catania. Ho viaggiato circa 40 giorni".

Che cosa ti ha portato a lasciare il Bangladesh?

"Ero un autista, trasportavo persone, una specie di tassista. Mi hanno rubato la macchina mentre ero in servizio e ho avuto problemi col proprietario, quindi ho dovuto lasciare il Bangladesh. È stata molto dura ma ho dovuto fare questo viaggio per la mia sicurezza. Ho detto alla mia famiglia che andavo a Dubai, non in Italia o in Libia. Chi prende questa strada non racconta alla famiglia che ha intrapreso questo viaggio. Sono il più grande della famiglia, ho due fratelli minori, figli, madre e padre. L'ho dovuto fare anche per loro, perché ho avuto problemi col mio capo e non ci possiamo permettere di ripagare la macchina rubata".

Sei in Italia da pochi giorni, che Paese hai trovato?

"In Italia ho trovato tutto a posto, qui non ho problemi e sto cercando lavoro".

Che cosa vorresti fare?

"Sono un autista professionista ma ora devo trovare il modo per aiutare la mia famiglia, non so quale ma ne voglio trovare uno".

Le persone che sono qui con te nelle tende le hai conosciute in Italia o avete fatto la traversata insieme?

"I ragazzi che sono qui con me li ho conosciuti in Libia ma quando siamo partiti per l'Italia non sapevo se sarei sopravvissuto, nulla era sicuro. Da quando sono qui sono contento di condividere questo posto con loro perché ho la speranza di fare qualche lavoro e andare avanti".

Sei riuscito a metterti in contatto con la tua famiglia?

"Ho parlato ieri con la mia famiglia e stavano piangendo perché quando ho raccontato loro quello che ho fatto si sono agitati. Mia madre e mio padre sono malati, voglio fare qualcosa per loro perché sono il responsabile della famiglia".

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