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di Redazione

ROMA - "Con questo provvedimento finalmente si volta pagina per far ripartire la siderurgia, settore essenziale di per sé, per l'indotto che crea ma anche tassello essenziale per la produzione industriale del nostro Paese. Oggi votiamo un secondo decreto Ilva, ma se parliamo di amministrazione straordinaria, di multinazionali interessate all'acquisizione, di un nuovo piano industriale è perché il governo, un anno fa, ha varato un primo decreto Ilva che ha previsto la possibilità per il socio pubblico che deteneva il 30% delle quote la possibilità di chiedere l'ammissione immediata all'amministrazione straordinaria, cosa che il socio privato Arcelor Mittal non avrebbe mai fatto". Lo dice nella sua dichiarazione di voto la vicepresidente della commissione Attività produttive della Camera dei Deputati Ilaria Cavo, di Noi moderati.

"Senza quel primo decreto oggi saremmo ancora nell'immobilismo più totale, ostaggi di quei patti parasociali sbilanciati a favore del soggetto privato. Quelle erano barbarie giuridiche, non quelle di cui abbiamo sentito dissertare in aula da parte dell'opposizione in merito allo scudo penale. Era necessario scardinare tutto questo, con quel primo decreto e con questo. Ora, oltre a un prestito ponte di 320 milioni, alle agevolazioni per l'accesso al credito per l'indotto, agli investimenti per la manutenzione degli impianti e per la sicurezza c'è la prospettiva di un piano industriale e addirittura di un piano italiano per la siderurgia, fino a qualche mese fa neppure ipotizzabile. Il ministro Urso, nella sua visita agli stabilimenti di Taranto, Genova, Novi Ligure ha lanciato la sfida, che condividiamo, di trasformare questa vertenza in un'opportunità e ha annunciato l'interesse di cinque multinazionali. L'amministrazione statale è una fase temporanea, finalizzata a trovare un nuovo acquirente che può essere interessato, ora che il campo è sgombro da altri attori scomodi, perché si è agito in questi mesi per eliminare la zavorra di Arcelor Mittal. Ilva dovrà tornare a essere guidata da privati, ma chi intende operare in Italia deve investire, rispettare i lavoratori e creare ricchezza per il territorio. Questa non è una partita del governo o di una maggioranza, ma dell'intero Paese", conclude.