GENOVA - Il cinquantesimo compleanno del Ceis non poteva che seguire il solco tracciato nel suo mezzo secolo di storia: al centro dei 'festeggiamenti' non c'era la celebrazione del Centro ma uno sguardo al futuro dell'aiuto verso il prossimo. Autorità, professionisti e cittadini si sono quindi riuniti per discutere questi temi a Palazzo Ducale nel convegno 'Costruire il mondo nuovo: solidarietà, accoglienza e innovazione sociale'.
"In cinquant'anni siamo ancora come il primo giorno" ha dichiarato a Primocanale il presidente Enrico Costa, che insieme al fratello Beppe ha raccolto l'eredità di Bianca Costa, loro madre, che aveva fondato il Ceis secondo quei valori che oggi come allora sono l'"attenzione alla persona e al bisogno, sempre guardando che le persone abbiano modo di esprimersi, di guardare ai propri talenti e al proprio animo, il proprio spirito, la propria ambizione. E quindi quando ci sono persone che hanno problemi di dipendenza, cercare di rafforzarli per non essere più condizionati da quella sofferenza".
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Ai tempi dei primi passi del Ceis il problema principale era la dipendenza da eroina, oggi "le dipendenze sono molto cambiate, le sostanze sono molto più potenti rispetto a molti anni fa" sottolinea Enrico Costa, che mette in luce anche un dato drammatico: "È cambiata anche l'età, adesso gli esordi sono a 12-13 anni e ci sono persone che hanno una situazione cronica anche a 70 anni". Ma ad essere cambiata è anche la "facilità di accesso alle droghe" e la presa in carico dei tossicodipendenti, per cui serve un approccio "molto scientifico e molto particolarizzato".
Non solo dipendenze: tra le 600 persone seguite oggi dal Ceis ci sono anche migranti e minori con problemi psichiatrici. E un nemico: "La resa. L'abbandono. Il dire che non si può fare, che se la son cercata e che non è giusto spendersi per loro. E invece no - conclude Costa -, la cosa bella è poter dire di aver fatto il possibile per aiutare le persone in difficoltà".
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