Sono oltre mille le richieste di aiuto che sono arrivate ai centri antiviolenza di Genova nel 2024. E' tempo di bilanci, in occasione del 25 novembre, la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, e i numeri fotografano una dura realtà: la violenza permane, dichiarata o subita in silenzio, nelle case e all'interno delle famiglie e delle coppie. Gli strumenti a disposizione aiutano a far emergere un sommerso che però ancora è troppo presente. Sono soprattutto donne dai 30 anni in su a chiedere aiuto, e lo fanno poiché subiscono in primis violenza psicologica, poi fisica. Ma preoccupano le nuove violenze perpetrate online: attraverso i social network, con i messaggi e le chat. Parlarne funziona e il picco di richieste arrivate dopo la morte di Giulia Cecchettin e in concomitanza con il 25 novembre lo dimostra: le attività di prevenzione, dalle scuole ai messaggi passati dai media, convincono a chiedere aiuto. Le difficoltà permangono e spesso chi è in prima linea - per esempio gli operatori del numero unico di emergenza 112 - si trovano a scoprire di aver ricevuto una richiesta di aiuto per violenza solo a posteriori. Per questo, ne sono convinti tutti, organizzare gli strumenti di richiesta di aiuto e formare ancor più il personale resta la strategia vincente.
I dati a Genova: 60% sono donne italiane
Sul territorio genovese lavorano tre centri antiviolenza: da gennaio 2024 hanno ricevuto un totale di 1080 chiamate circa. Sono 480 le donne che hanno contattato il Centro antiviolenza Mascherona, 497 i contatti ricevuti dal Centro per non subire violenza di via Cairoli, circa 100 quelli del Centro antiviolenza Pandora che opera in Valpolcevera. Al Mascherona "La media di età si aggira sui 45 anni. Il 60% è italiana con un compagno italiano", spiega la responsabile Manuela Caccioni. Tra queste, "La violenza più rilevata è quella psicologica, poi quella fisica, le minacce e quella economica". Il dato interessante che emerge è che si subiscano più violenze in contemporanea: ci sono donne che subiscono violenza fisica, psicologica ed economica insieme.
Il Centro: "Ci telefonano le amiche e le mamme"
Per il Centro per non subire violenza le richieste di aiuto sono 65 in più rispetto al 2023. Stabili le richieste delle giovani donne, che invece erano impennate a fine 2023, dopo il caso di Giulia Cecchettin, uccisa un anno fa dal fidanzato. "A telefonare sono le amiche, le mamme per le figlie", spiega Chiara Panero del Centro. Stabile tra queste richieste una sorta di "zoccolo duro" di donne tra i 30 e i 40 anni, mentre il Centro ha creato un gruppo di sostegno per le ragazza tra i 18 e i 30 anni: "Le ragazze possono accedere sia dopo un primo colloquio al Centro oppure anche quando sentono l'esigenza di confrontarsi, sul consenso, sul femminismo", spiega ancora Panero. E tra i temi caldi vi è quello delle violenze online, motivo per cui è ancor più importante "investire sulla prevenzione nelle scuole di ogni ordine e grado e sulla formazioni dei soggetti che intercettano la violenza".
Le richieste di aiuto? Crescono quando se ne parla di più
"Ci chiedono soprattutto il supporto psicologico", commenta Paola Campi del Centro Pandora, che opera in Valpolcevera (Certosa e Mignanego) e che, oltre a due centri antiviolenza, ha da poco inaugurato una casa aperta a tutte le donne (Brigata Alice) nel centro storico, che svolge attività per tutte di inclusione e formazione. Il centinaio di richieste in questo caso resta piuttosto stabile anche se "certo i numeri sono ondivaghi, ci sono eventi che smuovono di più: a novembre ad esempio è il momento in cui arrivano più persone perché se ne parla di più". Segno che comunicare e promuovere aiutano a combattere il sommerso e a lavorare su quelle donne che non riescono a denunciare la violenza.
Numero 1522: chiamate raddoppiate
Il numero telefonico 1522, curato direttamente dallo Stato a livello centrale dal Dipartimento delle Pari opportunità, resta un utile strumento ed è oggetto di campagne su tutto il territorio: è gratuito, attivo 24 ore su 24 e accoglie con operatrici specializzate le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking. Ebbene proprio le chiamate proveniente dall'area genovese sono raddoppiate in un anno: da gennaio a giugno 2024 da Genova ne sono arrivate 290. Ma un anno fa, nel 2023, nello stesso periodo erano 126.
112: "Ci chiamano per una caduta"
E' particolarmente difficile il lavoro degli operatori del numero unico di emergenza 112. Il numero, la cui sede si trova all'interno del Policlinico San Martino di Genova, raccoglie le chiamate di soccorso anche per violenza che spesso però arrivano sotto mentite spoglie. "Un tema centrale è quello della mancata denuncia - spiega Andrea Furgani del 112 - Spesso e volentieri e noi lo sappiamo a posteriori e in maniera episodica: le chiamate sono per altri motivi, ci dicono che sono cadute dalle scale, che hanno inciampato nel tappeto noi siamo ciechi da questo punto di vista, sono ciechi anche i sanitari dell'emergenza che si recano con le ambulanze sul posto. Certo poi la violenza emerge, ma a distanza di tempo". Ecco perché è necessario parlarne: per esempio formando il personale su codici e linguaggi che permettano alle donne di comunicare la violenza. "Un esempio è quello della pizza, è capitato che ci chiamassero e dicessero 'voglio ordinare una pizza'". Potrebbe essere proprio questo un messaggio codificato che faccia capire che è necessario intervenire per una violenza. "Il prossimo passaggio è raccogliere le iniziative e riorganizzarle in una procedura operativa", spiega Furgani. Sempre valido, ricorda il 112, è l'uso della app "Where are you" che permette di rilevare la posizione di chi la utilizza e mandare rapidamente i soccorsi, per quei casi in cui la telefonata non è possibile.
IL COMMENTO
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