Sono sette i detenuti che si sono tolti la vita all'interno di una cella in Liguria. Un numero che va a decretare un anno nero per il sistema penitenziario, non solo a livello italiano dove il numero di suicidi è il più alto degli ultimi 20 anni, ma anche nella nostra regione dove problemi psichiatrici, sovraffollamento e carenza di personale sono ormai all'ordine del giorno nelle sei strutture che dalla Spezia a Imperia detengono più di 1.300 persone.
Il caso a Marassi che ha fatto il giro d'Italia
Si chiamava Amir Dhouiou, magrebino di soli 21 anni e ha messo fine alla sua giovanissima vita nel pomeriggio del tre dicembre, impiccandosi nella sua cella del carcere genovese di Marassi, al reparto Servizio assistenza intensificata, dove era stato spostato per pregressi tentativi di suicidio. Il suo caso ha fatto il giro d'Italia dopo che due agenti della polizia penitenziaria sono stati iscritti nel libro degli indagati. La pm Gabriella Dotto aveva infatti aperto un fascicolo e incaricato gli investigatori di acquisire le immagini di videosorveglianza per capire cosa fosse successo con esattezza. Il giovane, accusato di furto e resistenza, si era impiccato nel bagno della cella.
Il boom di casi di autolesionismo, un segnale di allarme in cella
Prima di arrivare a quello che spesso viene definito 'l'ultimo atto', ci sono dei campanelli di allarme prima che spesso vengono ignorati. "Ci sono dei giovani molto arrabbiati in carcere" aveva denunciato Doriano Saracino, il garante dei detenuti della Liguria, "giovani che compiono atti di autolesionismo prima di arrivare all'aggressione verso la polizia penitenziaria o di arrivare a gesti estremi come il suicidio. Durante l'ultima visita in un carcere della nostra regione ho chiesto a una persona di spiegarmi perché si tagliasse - ha continuato -. La risposta è stata semplice, mi ha detto che era l'unico modo per far vedere quanto soffrisse, 'quanto soffro dentro tu non lo puoi vedere ora, ma se mi taglio magari capisci quanto è grande e come sto all'interno'. Queste parole sono un grande urlo di dolore che va ascoltato. La cosa più importante al momento sia quello di potenziare le figure di ascolto all'interno delle carceri".
L'allarme dei sindacati: "Vita impossibile di detenuti e poliziotti penitenziari"
"La situazione complessiva nelle prigioni è da tempo fuori controllo e, ciò che è peggio, si aggrava giorno per giorno" aveva spiegato il segretario della Uilpa PP Fabio Pagani. "Sono ormai 16mila i detenuti oltre la capienza massima, mentre mancano oltre 18mila unità alla Polizia penitenziaria. Anche a Marassi, su 535 posti, sono ammassati 696 reclusi che vengono gestiti da appena 330 agenti".
"Tutto questo rende quasi impossibile la vita sia ai detenuti sia agli operatori, questi ultimi sottoposti a carichi di lavoro e a turnazioni massacranti, privati di elementari diritti, anche di rango costituzionale, stremati nel fisico e mortificati nel morale e nell'orgoglio anche per esser loro impedito d'adempiere efficacemente alle funzioni richieste dalla collettività - ha continuato Pagani -. Ribadiamo che necessitano interventi immediati per deflazionare la densità detentiva, adeguare concretamente gli organici della Polizia penitenziaria, assicurare l'assistenza sanitaria e riorganizzare, riformandolo, l’intero apparato. In assenza di provvedimenti seri, tangibili e immediati che deflazionino la densità detentiva, potenzino gli organici della Polizia penitenziaria, assicurino l’assistenza sanitaria e pongano le basi per una complessiva riorganizzazione dell’intero sistema, il 2025 potrebbe essere persino peggiore".
Boom di suicidi anche tra i poliziotti penitenziari
L'anno si chiude con altri sette suicidi, che sono quelli tra le fila dei poliziotti penitenziari. Una piaga - spiegano i sindacati - che non si placa: "L'appello è allo Stato. I detenuti hanno sbagliato, certo, ma qui a Genova ci sono anche quelli in attesa di giudizio, quindi non possiamo dire in modo definitivo che siano colpevoli" aveva denunciato dopo una visita al penitenziario di Marassi dell'associazione Ong Nessuno Tocchi Caino. "E poi ci sono gli agenti della polizia penitenziaria, loro cosa hanno fatto per finire in carcere? Perché anche loro sono finiti in carcere, innocenti, ma nello stesso stato dei detenuti per le condizioni di lavoro a cui sono costretti, per l'ambiente, per la salubrità dei luoghi, per la dignità, la qualità del lavoro. Sono vittime anche loro di una situazione strutturale che andrebbe ripensata totalmente".
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