GENOVA - Costruito nel 1816 per difendere la città, su cui svetta imponente, Forte Begato riapre al pubblico grazie al lavoro della Protezione Civile, dopo lo stop di due anni e mezzo dovuto alla pandemia: "Grazie alle associazioni di volontariato che dal 2014 vede una collaborazione importante col comune - spiega Lorenzo Ruozi, volotario della Protezione Civile -. Doveva essere un progetto di sei mesi e invece va avanti da 8 anni, totalmente a carico del volontariato e credo sia un bel vedere. Prima della pandemia riuscivamo ad aprirlo tutti i weekend, poi è stato chiuso per il Covid ma è stato fatto un lavoro di ristrutturazione dal comune con nuovi impianti per luce, acqua e sicurezza. Adesso c'era voglia di riaprire".
Gli edifici principali sono ancora chiusi: la speranza dei volontari è che il sito possa essere riqualificato come accaduto al quartiere "Diamante", anche attraverso la realizzazione di opere esterne come la funivia. "Credo che nel frattempo sia giusto che si decida cosa fare di Forte Begato per ridarlo alla cittadinanza come abbiamo fatto in questi anni - prosegue Ruozi -. Il nostro impegno è presente, ce la stiamo mettendo tutta con le nostre risorse. È un'area verde molto bella, costa sicuramente fatica e un carico oneroso a livello associativo. Però quando entri l'impatto è molto bello".
Ad oggi l'area verde all'interno delle mura viene utilizzata per rappresentazioni storiche, come il tiro con l'arco utilizzando strumenti realizzati secondo la tradizione medievale, o attività all'aperto come campi Scout ma il forte ha tutte le caratteristiche per diventare un punto di attrazione per genovesi e turisti.
La funzione del forte era duplice: "Proteggere Genova dalla minaccia francese, rappresentata da Napoleone che sarebbe potuto tornare al potere, e per proteggere la guarnigione sabauda in caso di ribellione di Genova - spiega Emiliano Beri, docente di Storia Moderna e Storia Militare alla Scuola di Scienze Umanistiche dell'Università di Genova -. I genovesi infatti avevano tentato più volte di conquistare la città e conoscevano la resilienza dei genovesi".
I volontari Marco Meneghelli e Vincenzo Fesino raccontano le fatiche di questi 8 anni passati a prendersi cura della struttura: "Era un luogo abbandonato, qui le persone venivano di nascosto e bruciavano cavi o altre cose. Sono serviti tantissimi litri d'acqua per pulire tutto". C'è stato spazio anche per alcuni incontri particolari: "Una volpe che girava qui in zona era diventata praticamente una mascotte, si faceva anche fotografare da vicino".
IL COMMENTO
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