Sembra di tornare indietro nel tempo, quando la grande crisi industriale di Genova incominciava con le difficoltà contemporanee di quasi tutte le aziende allora targate IRI. E’ vero: fu allora che una battaglia chiave salvò almeno la Fincantieri, proiettandola miracolosamente nel successo che i decenni successivi hanno certificato.
Ma per il resto incominciava l’inesorabile declino del destino industriale di Genova, lento, doloroso, fatto di tagli e riduzioni che hanno cambiato non solo l’aspetto economico della città, ma anche i suoi connotati sociali, perfino i suoi equilibri politici, come oggi si vede chiaramente.
La crisi improvvisa ed esplosiva di Ansaldo Energia, fino a ieri un fiore all’occhiello, le incertezze dell’Ilva (che non sappiamo più come chiamare), sommate a tutti gli altri punti di crisi, non solo industriali, ma anche in altri settori di incertezza, rimettono in onda quel vecchio film che speravamo di avere dimenticato?
Spero di no. Genova è molto cambiata da allora. Mentre i colossi IRI tremavano, era già partita l’operazione 1992, giusto trenta anni fa esatti, e possiamo ben dirlo dal tetto della Terrazza Colombo, che avrebbe cambiato l’orizzonte, spingendo avanti un’altra vocazione più “terziaria”... si diceva allora, turistica, di accoglienza, di servizi, di scoperta di un’altra Genova, scoperchiata a partire dal suo porto antico, finalmente aperto dal genio di Renzo Piano e dalla persistenza di un sindaco come Fulvio Cerofolini.
Una spinta decisiva stava portando il porto a privatizzarsi, dopo battaglie durissime. Con una lentezza insopportabile incominciava a prendere coscienza la necessità di costruire nuove infrastrutture. In quegli anni veniva lanciato il Terzo Valico, partiva la metropolitana che noi cronisti di allora battezzammo ironicamente “metropolitana cucù”, perché il primo tratto era una galleria dalla quale il convoglio entrava e usciva in un colpo solo.
Tutto troppo lento, tutto affogato in dibattiti eterni, contorcimenti politici, sbarramenti ideologici e burocratici.
Abbiamo pagato prezzi altissimi, il più pesante esattamente quattro anni fa, quando è crollato il Morandi, logorato anche da un traffico decuplicato, che con altre vie di comunicazione alternative si sarebbe salvato anche con i suoi difetti di costruzione.
Oggi i genovesi devono rimboccarsi di nuovo le maniche per proteggere Ansaldo Energia e garantire un futuro, che non è solo quello partito nel 1992 e fatto di turismo, eventi, riscoperta della città, migliori collegamenti, insomma nuove, sospirate infrastrutture.
Intanto qualche segnale buono arriva, come la Fondazione “Amici di Genova”, che ha un taglio internazionale, punta a raccogliere fondi per far scoprire e migliorare le nostre bellezze, artistiche, culturali, paesaggistiche e ha un board di tutto rispetto.
Sarà un segno del destino, ma presiede questa Fondazione (che ha nomi di eccellenza come Paolo Clerici, Carlo Clavarino) Carlo Perrone, fino al 2014 editore de “Il Secolo XiX” e erede di una famiglia che a fatto la storia industriale di Genova.
Ecco il segno del destino. Mentre si combatte per salvare Ansaldo Energia, a Genova rispunta un Perrone. Che appunto vuol dire Ansaldo. La nostra Storia, con la maiuscola.
IL COMMENTO
Situazione drammatica, presidente Meloni serve incontro urgente
La Liguria vuole tornare a correre, al via i cento giorni di Bucci