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di Mario Paternostro

Mi inserisco nel dibattito lanciato da Franco Manzitti, dopo la scomparsa della regina Elisabetta, su Genova "città più inglese d'Italia". Sono totalmente d'accordo con lui. A Genova di inglese non c'è proprio niente. Questa storiella è un luogo comune utilizzato una quarantina di anni fa quando qualche inviato calava sulla nostra città per raccontarla.

Che piacesse agli inglesi è probabile. Ma che i genovesi siano degli inglesi che come intercalare dicono belin, proprio no.

Durante la preparazione del docufilm Il Racconto di Genova trasmesso da Primocanale ho ricordato una osservazione di Guido Piovene nel suo magnifico "Viaggio in Italia", laddove parla di Genova come di una città certamente misteriosa quanto Londra "l'altra città" europea fatta a compartimenti stagni". "Londra è un incastro di ambienti segreti l'uno all'altro. L'animo può così giocare al mistero, compiacersi in acrobazie che oggi si direbbero metafisiche". Ambienti chiusi, difficili da penetrare come era difficile per uno straniero (bastava stare oltre i Giovi....) farsi invitare. Farsi aprire dai genovesi le case segrete. Private, privatissime come i loro sentimenti.

Scrive ancora Piovene che "Genova è forse l'unica città che susciti la fantasia di retroscena clandestini. A un libro giallo, se si svolge a Genova si riesce a credervi o quasi e proprio come a Londra, Genova ha la speciale teatralità degli esseri e delle vicende su cui si sente pendere qualcosa di occulto".

I vicoli stretti, il buio, la pioggia, i passi nella notte, le salite e le discese.

Per quanto riguarda gli abitanti nulla di meno inglese. Un tempo ci salvava il negozio Scotch corner che vendeva gli impermeabili blu. Ha ragione lo scrittore Pippo Marcenaro che con il suo divertente sarcasmo conclude: "Inglesi? Forse perchè sono dei tremendi snob e nel loro atteggiamento modaiolo pensano di imitare gli inglesi. E forse tutto questo si riduce all’acquisto di qualche cravatta Regimental...".

Siamo stati amati dagli inglesi. Questo si. Così che lo scozzese Tobia Smollett sul suo Diario in Italia, una guida Michelin ante litteram, promuove l'Albergo Croce di Malta in vico Morchi, uno degli hotel più rinomati della città come ci ha raccontato così appassionatamente Massimo Bacigalupo. Smollett riempie di stelle l'hotel: il servizio era stato di suo gradimento. E i sudditi di Sua Maestà lo riempivano. Erano Mary Shelley, Mark Twain e gli illustri frequentatori del Grand Tour. Che alla fine, si svagavano a Staglieno.

 

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