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di Franco Manzitti

GENOVA - Genova non è la città più inglese d'Italia, come molti sostengono nelle ore dell'emozione per la morte di Elisabetta II, rievocando la sua visita nella Superba del lontano 1980 e qualche affinità storica, sprofondata nei secoli. E illustrata da quella bandiera, croce rossa in campo bianco, che anche loro sventolano, non pagando l'affitto, come il sindaco Marco Bucci ha sostenuto, tra orgoglio e rivendicazione.

Lasciamo stare le dotte ricostruzioni storiche, per altro esatte anche se non tengono conto di quel bombardamento del febbraio 1942 della flotta inglese con le sue distruzioni, i suoi morti, la cui imperitura memoria è affidata nella cattedrale di san Lorenzo alla bomba integra (in copia), che oggi spaventa i turisti d'Oltre Manica in visita nel nostro centro storico.

Dello spirito inglese, che probabilmente aveva un po' impregnato la ex Superba, Mazzini a parte, non è più rimasto nulla, tanto è vero che il sindaco di oggi cerca una definizione internazionale, ma preferisce quella di “città capitale mediterranea”, che non ha nulla a che fare con il sentore british.

Forse pensavamo di essere un po' inglesi per via dell' understatement, atteggiamento tipico dei genovesi anche in epoche recenti , soprattutto negli affari e in quelli marittimi, in cui siamo stati a lungo maestri.

L'inglese parlato con la coccina zeneise, come nello stupendo documentario di Giuliano Montaldo “Ritratto di una città”, era una  prova. Ma oramai quell' understatement, che personaggi quasi epici come l'indimenticabile Giampa Parodi o tanti altri imprenditori armatori usavano, è sfumato.

Aldo Spinelli, superstar genovese di questa epoca, vi sembra uno da understatement

Poi la stigmate inglese era giustificata da quel blocco di potere prevalentemente economico-sociale che chiamavamo establishment. Ma oggi un establishment genovese in quel senso non esiste più.

Non c'è più una sintonia tra politica, imprenditoria, alta borghesia impegnata, come poteva sussistere qualche decennio fa pure nelle differenze ideologico-sociali.

Garrone, Cauvin, molti leader delle grande aziende Iri del tempo che fu, Cerofolini, gli altri leader politici democristiani o socialisti o repubblicani o socialdemocratici e più avanti perfino comunisti del vecchio Pci costituivano un establishment.

Oggi tutto è cambiato. La classe politica è connotata in ben altro modo, che preferisco non approfondire. Gli imprenditori e le loro rappresentanze dove sono, come sono? Sarebbe doloroso e anche un po' triste elencare quante aziende, quanti nomi si sono allontanati o hanno venduto a fondi o grandi imprese internazionali tutte o parti delle loro azioni.

Restano in pochi coraggiosi e unici. E quindi quel tipo di establishment non c'è e forse se ne sta formando un altro, che non si potrà più chiamare all'inglese in quel modo.

E allora addio Genova, “città più inglese d'Italia”. Ci resta il Genoa, fondato dagli inglesi. Ma purtroppo è in serie B e speriamo che non ci resti.