Se ci fosse stato l'assessore alla Cultura, che il sindaco Bucci deve ancora scegliere, il “caso” della Sinagoga con tutte le sue conseguenze non si sarebbe verificato. Semplicemente perchè alla cerimonia nel luogo sacro ci sarebbe andato a rappresentare il Comune l'amministratore “competente per materia”, probabilmente anzi sicuramente preparato sul tema e non un sostituto, magari catapultato all'ultimo e con poco tempo per preparare un intervento degno del luogo e degli interlocutori.
Non vogliamo rigettare la croce addosso (absit iniuria verbis aut loci) all'assessora Rosso e al sindaco Bucci, che hanno chiesto scusa, ma solo sottolineare che quando la “squadra” non è completa gli incidenti sono inevitabili non solo nelle partite di pallone.
E non vogliamo neppure “perseguitare” il Comune per quella nomina mancata, dopo essere stati i primi già un anno fa su Primocanale, a elezioni ancora da preparare, a sollevare il tema della cultura in città e poi a insistere su una nomina degna per un ruolo che sembra sfuggire tra tutte le emergenze che si devono affrontare in tempi così difficili.
Di fatto il “caso cultura” è diventato oramai un vero “tormentone”, come ha intelligentemente scritto su “Repubblica” Sandro Ricaldone nei giorni scorsi. La cultura, intesa come impegno civico -comunale, oramai comprende un complesso di attività che forse un tempo non c'entravano, ma che ora ci ricadono con esiti che sono spesso anche molto favorevoli alla pubblica amministrazione.
Insomma non sono solo la gestione delle istituzioni classiche ad essa delegate, i Palazzi, la Fondazione, gli Eventi e i Festival, ma anche un ampio spettro di attività che dovrebbero avere un filo comune e non sporadici consulenti o “delegati”. In questo modo gli esperti, magari investiti come Re Artù faceva con la sua spada sulla spalla, vanno un po' per conto loro. E allora i benefici effetti delle gestioni più riassuntive sono abbattuti da questo disordine operativo.
In città ci sono, nella grande spinta ottimistica e positiva di Bucci e dei suoi, molte iniziative che partono, si ripetono o magari si fermano, dopo essere partite, come Genova Jeans recentemente. Ad alcune si può essere favorevoli e riconoscere che danno una spinta e insieme creare problemi, come Euroflora che incanta, ma che poi paralizza i giardini di Nervi per mesi. Dove pende la bilancia? Sul bilancio eccezionale dei visitatori o sui costi e le chiusure dopo il successo?
La città è ricca di iniziative nuove e anche di slanci che possono essere veicolati meglio, se ci fosse una regia unica. La città più giovane, che purtroppo si avvia sempre di più a essere minoranza in una città dove il 28 per cento della popolazione ha più di 65 anni, ha bisogno di contenitori, di spazi, di affiancamenti.
Certo, è difficile trovare l'uomo o la donna giusta, ma il passo va fatto anche per evitare errori e gaffe, autogol come quello della Sinagoga, che poi si moltiplicano quando il caso diventa politico e viene affrontato male in Consiglio Comunale, che è la casa di tutti i genovesi.
IL COMMENTO
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