Commenti

3 minuti e 42 secondi di lettura
di Franco Manzitti

Quella freccia scagliata nel buio e nel fracasso dei caruggi, che uccide un neo padre mentre festeggiava la nascita del suo bambino, ci ricorda un problema che a Genova sembra oramai eterno dalla fine della guerra. Il centro storico, ripulito dalle macerie (non tutte in verità) è il bene più prezioso, lo scrigno dorato di Genova, ma anche il suo tema chiave intorno al quale si affannano o cercano di affannarsi da decenni tante pubbliche amministrazioni con il rischio di non riuscire mai a migliorare le cose.

Come proteggere dal degrado, riscattare la bellezza, garantire la sicurezza di chi visita da turista quella che Baget Bozzo chiamava la "città vecchia", di chi ci vive, di chi ci ha scommesso investendo immobiliarmente o commercialmente, di chi studia il patrimonio sterminato, di chi impianta attività coraggiose eccetera eccetera?

Ci hanno provato in tanti, molti ci sono riusciti dai tempi eroici dei primi sindaci post liberazione, Tarello, Pertusio, Adamoli, poi le giunte democristiane di centrosinistra di Pedullà, Piombino che avevano da spazzare le macerie e mettere in sintonia quel pezzo di Genova ferito con le grandi e discusse ricostruzioni di via Madre di Dio e di Piccapietra. Poi le giunte rosse di Cerofolini-Doria-Gambolato, con le idee avanzate di incaricare il fior fiore degli architetti di un grande piano di riscatto.

Poi ancora i progetti tanto discussi di affrontare i caruggi con un programma forte di diradamento. Non era il caso di cercare aperture più ampie di accesso a quella miniera di tesori, ma anche di problemi? Ci furono polemiche violente: ricordo gli allora onorevoli Sanguineti e Forleo lanciare idee quasi rivoluzionarie. Ma intanto nel centro storico succedevano due fatti-chiave: quel genio coraggioso del preside di Architettura, Edoardo Benvenuto, trasferiva nella zona di Sarzano- Sant'Agostino la Facoltà, iniziando un grande processo di riscatto di quella zona che tutt'ora continua. Ma incominciava il periodo tumultuoso dell'immigrazione che trovava nel dedalo dei caruggi il luogo del proprio insediamento, con l'esplosione di grandi conflitti sociali di convivenza e con un capovolgimento di tutte le teorie del recupero.

Alcuni pezzi del centro storico diventavano come "riserve indiane" intoccabili, riservate allo spaccio della droga, affidato alle tribù prevalentemente nord africane. In una durissima estate tra il 1991 e il 1992 il rischio di un vero scontro etnico divenne tanto reale che Roma mandò a Genova un superquestore, Marcello Carnimeo, per fronteggiare un caso che poteva infiammare la città.

Il mio direttore di allora Eugenio Scalfari mi mandò per tre giorni e tre notti a vivere nei vicoli "proibiti" per raccontare quello che succedeva e ne ho ancora un ricordo intenso di un viaggio pericoloso e inquietante.

Le amministrazioni di sinistra, che governavano senza soluzioni di continuità in quegli anni la città dovevano compensare il “governo” del centro storico con il problema delle grandi periferie in ValPolcevera, in Valbisagno, nei quartieri del Ponente che tanti prezzi avevano pagato a una industrializzazione, oramai in declino e a una portualità che con Voltri e Prà si espandevano, stravolgendo il territorio.

I caruggi restavano là una bomba accesa, con i fenomeni nuovi come la movida, che cambiavano tutto, recuperando aree intere come piazza delle Erbe e capovolgendo i problemi. Chi aveva scommesso sulla vita nei vicoli tornava indietro. E la sensazione di una pietrificazione dei problemi diventava “eterna”. Allora come oggi a tre passi dalla strada dei Re, via Garibaldi, le magnificenze confinano con il commercio di carne umana della prostituzione, con il crak economici di aree intere come Maddalena e dintorni, con il fracasso intollerabile.

Un decisionista come Bucci, l'ultimo sindaco a scendere in campo, ha varato il suo “piano caruggi”, nei versanti della sicurezza ricercata, del recupero delle piazze, in un progetto di ricostruzione di una socialità che riduca i conflitti etnici e offra altre opportunità.

Quella freccia scoccata dall'arco di un cittadino esasperato, che lancia  nel vuoto la sua arma d'altri tempi e uccide nel buio accende di nuovo tutta la grande scena del centro storico e dimostra come tutte le azioni di buona volontà e di capacità amministrativa continuano a sfidare una realtà complessa ma decisiva.

 Chi riuscirà a vincere questa sfida avrà chiuso una battaglia infinita, salvato il cuore di Genova, aperto nuove strade di sviluppo. Molto più della funivia per i forti e per il supercantiere al posto della Fiera o della Diga di Begato abbattuta.

I “caruggi” sono la grande sfida, perché non ci sia più una freccia che gronda sangue nel cuore di Genova, antica e moderna, come la si vuole.