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di Luigi Leone

Chi l'avrebbe mai detto che Piero Montani sarebbe tornato sulla tolda di Banca Carige? E chi l'avrebbe detto che Flavia Mazzarella, dirigente alle privatizzazioni quando direttore generale del Tesoro era l'attuale premier Mario Draghi, sarebbe stata la presidente della banca che convolerà a nozze di Carige? Questo e altro ancora accadrà grazie alle nozze con Carige. Sempre più possibili e probabili dopo che il consiglio d'amministrazione di Bper (Banca popolare dell'Emilia Romagna) ha deciso di aderire alla proposta del Fondo interbancario tutela del risparmio (Fitd) e Cassa centrale banca (Ccb), che aveva rifiutato l'offerta annunciata lo scorso 14 dicembre da Bper, ma non aveva affatto chiuso la porta.

Vanno i soffitta le richieste di Bper ( acquisto della banca genovese per un euro, Opa sul 12 per cento circa delle azioni e un miliardo di ricapitalizzazione da parte di Fitd e soci), però nessuno strappo. Anzi, si ha la conferma della sensazione positiva avuta anche di fronte al primo "no" di Fitd: c'erano degli ostacoli tecnici (a un miliardo il fondo non ci può arrivare per Statuto), ma l'offerta di Bper aveva molti requisiti per essere bene accolta e, soprattutto, la politica riteneva che il dossier in qualche modo dovesse andare avanti.

Del resto era impensabile che un navigatore accorto dei marosi bancari come Montani fosse uscito allo scoperto senza aver sondato, in precedenza, la disponibilità di Fitd, Ccb e dei principali azionisti del fondo, vale a dire Banca Intesa e Unicredit. Verificata di sicuro, inoltre, la buona predisposizione della politica. Si era parlato anche del possibile interesse per Carige da parte del fondo Cerberus e del Credit Agricole, ma sul tavolo non esiste alcuna altra offerta formale oltre a quella di Bper.

Di sicuro l'istituto che ha sede a Modena può contare su un atteggiamento favorevole di tutte le possibili controparti, perché la volontà generale è chiudere una volta per tutte la vicenda Carige. Inoltre, a deporre per un esito felice del negoziato, ci sono le ottime relazioni che Montani ha da sempre in Bankitalia e quelle della presidente di Bper Mazzarella con Draghi, insieme con il quale ha lavorato al Tesoro.

Per paradosso c'è pure di più. A corollario di una storia che sembra nata dalla mente di uno sceneggiatore, bisogna sapere che quando si scrive Bper si legge Unipol, visto che il gruppo assicurativo è il principale azionista della banca emiliana. E Unipol era il chiodo fisso di Giovanni Berneschi, l'ex presidente di Carige finito nei guai: aveva costruito persino un piano industriale pensando che fra le due realtà fosse possibile un matrimonio. All'epoca non c'era reciprocità su questa posizione, ma in qualche modo era scritto nel destino dell'istituto ligure che la sua storia potesse continuare così.

Continuare non è un verbo casuale, perché Montani rappresenta la migliore garanzia della volontà di inserire Carige in un contesto vincente. Di fatto, quello che nascerà sarà il quarto polo bancario italiano, con cinque milioni di clienti e oltre 150 miliardi di attivo e per Montani questo rappresenterebbe una grande soddisfazione. Come per il principe Cesare Castelbarco Albani, presidente di Carige ai tempi di Montani e pure lui defenestrato dai Malacalza.

Pur tra mille difficoltà, quella di Carige sembra dunque una storia che può finire bene. "Non è una banca dal salvare" ha detto della banca ligure il suo amministratore delegato Francesco Guido. E in effetti è così. Ma lo stesso Guido ha aggiunto: "Quella di Bper è sicuramente una opportunità". È un po' più di così.