Commenti

Rapida a chiedere gli atti della sentenza ordinaria Portanova, la Procura Figc mai si è interessata all'inchiesta della Procura di Paola sul Viperetta
7 minuti e 0 secondi di lettura
di Stefano Rissetto

Sembra Quel pomeriggio di un giorno da cani, solo che è un pomeriggio che dura da otto anni e mezzo. L'ostaggio metaforico è naturalmente la Sampdoria, sia pure in uno scenario del tutto lecito: non ci fu infatti grassazione, ma semplice e legale regalia (rifinanziata, perfino) dei Garrone-Mondini a Massimo Ferrero, da allora determinato a non mollare l'unico bene fruttuoso in una carriera imprenditoriale costellata di insuccessi, quando non di fallimenti e vicende tribunalizie. Costi quel che costi. Un anno di assenza forzata e adesso rieccolo, pronto a riprendersi tutto.

Se c'è una cosa in cui il Viperetta si è dimostrato abilissimo è guadagnare tempo: saltando di liana in liana come Tarzan, tra gli infiniti appigli forniti dal nostro smisurato ordinamento giuridico. Il rinvio è stato il suo metodo costante, dal caso Obiang alla procedura concordataria - già macchinosa di suo - di due sue società in crisi; figuriamoci se si faceva scappare l'occasione, peraltro corrispondente a prassi, di disertare la prima convocazione dell'assemblea degli azionisti, o meglio di farla disertare a figlia e nipote. Tanto per smentire, incidentalmente, le voci di dissapori in famiglia: una delle tante dicerie a cui i tifosi blucerchiati sono ormai usi ad aggrapparsi, per esorcizzare lo smarrimento prodotto da una storia che gira in tondo senza andare da nessuna parte. E che sembra avere, a meno di miracoli, una sola via d'uscita alternativa a questa logorante danza immobile.

A proposito di dicerie, incuriosisce come il rumoroso ritorno in scena di Ferrero si affianchi in simultanea alla brusca dissolvenza del miraggio mediorientale, quasi la pittoresca carovana di sedicenti emissari di un creso invisibile, rafforzata da un vivace corpo bandistico, avesse esaurito la sua funzione, oggettiva di là da ogni intenzione iniziale, di arma di distrazione di massa.

Tornando alle cose serie, cosa può succedere adesso? Ferrero si comporta, con atti dichiarazioni e messaggi trasversali o diretti, come se fosse sicuro di aver trovato i soldi per restare in sella, fare mercato e salvare la squadra dalla B e la società dall'avvio alla procedura fallimentare, a lui purtroppo non ignota. O sta bluffando, e non sarebbe la prima volta visto che fin dal suo avvento la prima dichiarazione oltre nome e cognome fu una bugia ("Ho vinto tutti i premi possibili"); oppure ha trovato davvero il "benefattore" di cui ha spesso parlato Vidal, passato - previo cambio d'abito alla Fregoli - dal ruolo di suo uomo di fiducia a quello di "arbitro" della partita della cessione.

Quando la Sampdoria fu imbozzolata nel "trust", molti malaccorti esultarono nella convinzione che quella mossa separasse per sempre Ferrero dalla Sampdoria, quando invece l'effetto - realizzato e forse pianificato - è stato quello di sottrarre la società a una libera contrattazione di mercato, imponendo a chiunque volesse rilevarla, oltre l'impegno economico diretto, di versare un contributo a fondo perduto, i famosi 33 milioni, per sanare i debiti di due società che nulla hanno a che fare con il club sportivo fondato il 12 agosto 1946 col motto "Semper Uniti In Gloria".

Di sicuro, il Viperetta è pronto ad afferrare un'altra liana per autoperpetuarsi: la dilazione nel quinquennio dei debiti tributari è ossigeno purissimo, di fronte a 30 milioni che altrimenti sarebbero stati da pagare prima di Natale. Ma come pensa di affrontare la gestione della crisi economica e agonistica?

La prospettiva che si profila all'orizzonte, ovvero il fondo Merlyn del finanziere Barnaba, è quella che più sarebbe gradita al padrone, ricalcando a carta carbone una delle tante ipotesi escapistiche delineate da Vidal, non distante da quella del già citato "benefattore": un "socio di minoranza" che porti denaro fresco, facendo da cireneo all'attuale proprietà e permettendole di passare la nottata. Poi ci sarà sempre un mercato invernale per attuare qualche abile gioco di prestigio, grazie alla collaudata cerchia di procuratori di fiducia, ripagando il sovventore, nel tempo consentito, della salvifica iniezione di capitali.

Tutto questo naturalmente provocherebbe le dimissioni dell'attuale consiglio di amministrazione, eventualità peraltro non sgradita a un Ferrero che, nell'anno di assenza dovuta al provvedimento interdittivo, non ha mancato di mettere periodica pressione a Lanna e ai suoi compagni di avventura. Auguri ufficiali di compleanno al figlio compresi: un piccolo gesto che non era piccolo manco per niente, era una esplicita dichiarazione di guerra, era il grido del marchese del Grillo.

Mentre Ferrero sta preparando il rientro al potere, con quali prospettive è difficile capire, va rilevata l'ennesima stranezza che lo riguarda, ovvero il disinteresse assoluto della giustizia sportiva nei suoi confronti, tanto più alla luce di un paio di precedenti che chiamano in causa il Genoa. A carico di Portanova, giocatore rossoblù, dopo la condanna penale di primo grado la Procura Figc ha infatti appena chiesto gli atti al Tribunale di Siena, nella prospettiva di un procedimento disciplinare, inedito nella sostanza degli addebiti. Diciassette anni fa, non una sentenza appellabile ma la semplice apertura di un'indagine della Procura di Genova era invece stata sufficiente al procuratore Figc per chiedere e ottenere gli atti ordinari, portare davanti a Disciplinare e CAF Preziosi e il Genoa, punendoli in tempi rapidissimi (meno di due mesi tra i fatti e la decisione definitiva) sulla base di soli atti di indagine preliminare.

Quindi la giustizia Coni-Figc da una parte rivendica un'estensione di competenza, che esorbita dal suo ambito proprio (partite truccate e doping) per ricomprendere altre condotte purché penalmente rilevanti, anche se non strettamente attinenti all'attività sportiva; dall'altra procede recependo non solo sentenze, ma anche il lavoro preparatorio svolto dalla polizia giudiziaria e dalla magistratura requirente.

Ecco. In base a tutto questo, la giustizia sportiva può restare inerte, di fronte all’eventualità che un club professionistico di serie A torni nelle mani di personaggi sotto inchiesta penale per ipotesi di reato assai gravi, relative proprio alla gestione di società commerciali? Nelle intercettazioni della Guardia di Finanza, messe a disposizione della procura di Paola, in una conversazione tra persone della sua strettissima cerchia, si parla così di Ferrero: "Lui ogni giorno deve trovare un posto dove bucare e far scendere dei soldi". Quelle intercettazioni fanno rabbrividire e indignare, al pensiero che qualcosa di molto amato da molta gente come la Sampdoria sia stata per anni, e possa tornare, nelle mani di personaggi che ne parlavano in termini sprezzanti, cinici, rapaci, talora irriferibili.

Nel momento in cui Ferrero riprendesse - com'è, allo stato, suo innegabile diritto - il pieno controllo della società blucerchiata, dopo oltre un anno di inerzia la Procura federale si risolverà finalmente a muoversi, chiedendo gli atti alla magistratura ordinaria di Paola? Le ipotesi di reato contestate a Ferrero e ai suoi familiari - su basi tali da aver validato un anno fa severi provvedimenti cautelari - sono compatibili, per la giustizia sportiva espressione di Coni e Figc, con la proprietà e la gestione di una società di calcio di grande prestigio e tradizione? Basta un anno dietro la lavagna per aver trasformato in meglio un personaggio che non si è dimostrato un buon amministratore di aziende?

Il calcio professionistico italiano, mai come oggi in grave crisi tecnica ed economica, tra sconfitte con la Macedonia del Nord e centinaia di milioni di debiti di sistema, può permettersi di continuare ad ammettere al proprio interno, senza neppure tentare una doverosa reazione anticorpale, personaggi come quelli ritratti dalle intercettazioni degli inquirenti calabresi?

Attenzione. Nessuno può chiedere a governo, Coni e Figc di trovare un risanatore per la Sampdoria; altri sarebbero chiamati a farlo, a partire da chi l’ha messa - scientemente o no, difficile dire quale delle due eventualità sarebbe peggio - in questa drammatica situazione. Ma il governo dello sport e quello del calcio, già colpevolmente assenti al momento della costituzione del “trust” divenuto il principale ostacolo al cambio di proprietà, hanno chiari doveri istituzionali, in una situazione senza precedenti come questa. Da un anno, proprio per via degli arresti dell’ex presidente e dei tuttora proprietari, alla guida della Sampdoria c’è un CdA presieduto da un galantuomo come Marco Lanna che, tra serpi in seno e mille problemi ereditati e in corso, sta cercando di salvare l’Unione Calcio; eppure questo CdA rischia di essere estromesso, in modo formalmente legale, nel nome di una lugubre restaurazione. Senza che appunto le autorità di vigilanza muovano dito, anzi palpebra.

“C’hanno magnato tutti co’ sta c***o di squadra”, si diceva tra i protagonisti intercettati di questa vicenda. Signor ministro dello Sport, signor presidente del Coni, signor presidente della Federcalcio, signor procuratore federale: che facciamo? Lasciamo così, come se niente fosse, senza nemmeno provarci, che questi personaggi si riaccomodino a tavola?