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di Matteo Angeli

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky parteciperà come ospite all’ultima serata del Festival, in programma l’11 febbraio. Comparirà, con un videomessaggio, nel momento clou: appena prima dell'annuncio del cantante vincitore. Una scelta che ha scatenato, come prevedibile, polemiche. 

"Speriamo che Sanremo rimanga il festival della canzone italiana e non altro - dice il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini - Avranno fatto le loro valutazioni, quello che spero è che la guerra finisca il prima possibile e che il palcoscenico della città dei fiori rimanga riservato alla musica". Salvini conclude che se avrà tempo di guardare il Festival "sarà per ascoltare canzoni e non per ascoltare altro".

Alcuni "intellettuali" tra cui Franco Cardini Joseph Halevi, Moni Ovadia  e Paolo Cappellini hanno firmato un documento di condanna. Una guerra, ''fomentata da irresponsabili invii di armi e da interessi economici e geostrategici inconfessabili'' e che a loro avviso ''come italiani abbiamo il dovere costituzionale di ripudiare. L'Italia deve uscire subito dalla guerra interrompendo ogni aiuto diretto o indiretto a una delle parti in conflitto. Riteniamo tragicamente ridicolo e profondamente irrispettoso di un'ampia fetta dell'opinione pubblica che non si riconosce nelle politiche militari dei governi Draghi e Meloni il fatto che Zelensky sia invitato a Sanremo.

Chi non lo apprezza lo chiama tono spregiativo, "un attore", "un comico", addirittura "un clown" per il suo passato da "star". Ognuno sulla guerra tra Russia e Ucraina la pensa a modo suo e ovviamente per alcuni Zelensnky è vittima per altri parte del problema. Ma la domanda viene spontanea: era proprio necessario invitare Zelensky al Festival della Canzone Italiana?