GENOVA - Ciao Ciao Ponente. Oggi viaggiare in quella direzione, o tornare da quella parte di Liguria, che facciamo incominciare a Cogoleto, ma che comprende anche l’Arenzano del Festival carnevalesco scandalosamente inibito da Autostrade per troppo traffico temuto sulla sua rete, è come una maledizione.
La Liguria è separata: lo vogliamo ammettere? Cinque anni dopo il crollo catastrofico del Morandi e alla vigilia delle chiusure decennali del Traforo del Monte Bianco, che ricadrà pesantemente in Liguria, ci sarà qualcuno che avrà il coraggio di urlare che il re è nudo?
Lo urlo io, vecchio cronista, con un pezzo di anima in quel Ponente oramai separato e con importanti tradizioni famigliari (una volta tanto vale la pena di rivendicarle) a favore della unificazione autostradale della Liguria.
Dopo la fine della guerra mio zio e mio padre costruirono, da presidenti delle società interessate a quelle opere la Genova-Savona negli anni Cinquanta e Sessanta e la Savona-Ventimiglia negli anni Settanta, strappando il Ponente da un isolamento secolare. Prima si arrivava a Ventimiglia in quattro ore, se andava bene e a Savona in due ore abbondanti, lungo la meravigliosa Aurelia, zeppa di passaggi a livello, incantevole ma faticosissima, un paese dopo l’altro.
Quando oggi le code impazzano (e succede quasi sempre) i tempi di percorrenza non divergono molto dai tempi precedenti quelle fondamentali opere che oggi sono a pezzi.
Savona oramai è spesso irraggiungibile e tornare da lì a Genova diventa un calvario.
Un tempo si pensava addirittura di considerarle, Genova e Savona, una stessa città con qualche intermezzo paesaggistico-turistico- commerciale, le ceramiche di Albissola, il cantiere Baglietto di Varazze, la pineta di Arenzano.
Imperia non parliamone: è oramai in un altro mondo. Ci sono personaggi milanesi illustri, incantati dal suo entroterra, come Fedele Confalonieri, che avevano comprato casa in uno dei suoi bellissimi borghi tra gli ulivi e il mare.
Hanno dovuto vendere, perché oramai era impossibile arrivarci. Si va prima a Roma con l’alta velocità da Milano che nella provincia famosa per le sue mille ore di sole.
E, come scrive e denuncia da anni Maurizio Rossi, non è solo una questione di tempo, può anche essere una questione di vita e di morte. Entri su quei tratti autostradali, magari a una corsia sola alternata, facendoti il segno di croce, perché non hai scampo, non hai corsia di emergenza, vie d’uscita, sei dentro un serpente di auto che ne sfiora un altro in senso inverso. Può succedere di tutto in ogni momento. Fai bene a segnarti e raccomandarti l’anima a Dio.
Ma qual è il vero problema, superati i rischi e i tempi biblici, le soluzioni alternative del treno, così ironicamente raccontate in settimana dall’inviato speciale de “Il Foglio”, Salvatore Merlo, in viaggio per Sanremo, in questi giorni di Festival?
Che si ignorano le prospettive, il destino di questa Liguria separata, di quel Ponente da dove oramai molti turisti e visitatori se ne vanno, magari scavallando i colli e le montagne, come due secoli fa, per evitare le autostrade intasate o interrotte dai lavori o dai Tir che perdono carichi di olive, compromettendo la sicurezza dell’asfalto.
Quanto durerà l’isolamento e cosa ci sarà dopo, quando le cose torneranno come prima, cioè con collegamenti insufficienti, concepiti non oltre gli anni Settanta del Novecento, in un mondo completamente diverso, con il turismo che spinge nuove correnti, con i Tir dirottati dal tunnel del Monte Bianco?
Nessuno pensa al futuro, i progetti vagheggiati da pochi, come la famosa autostrada Albenga- Predosa, o come i pezzi di Aurelia bis, sono sempre sospesi nell’incertezza e non compaiono mai nei dossier anti isolamento.
Invece il Ponente è isolato e il caso è grave, come ha denunciato giustamente il direttore di Confindustria Savona, Alessandro Berta a Primocanale, perché così si schiacciano tante prospettive di sviluppo, tante sinergie che erano possibili.
Continuiamo ad andare a Torino e a Milano in treno nei tempi di cinquanta anni fa, aspettando il Terzo Valico, insabbiato nell’ultima galleria con la talpa sepolta al suo interno. Ogni tanto ci illudiamo, salendo su qualche treno definito “velocetto”, perché inizialmente ci si mette un quarto d’ora di meno ad arrivare a Milano, ma dovremmo preoccuparci prima di tenere unita la Liguria al suo interno.
Ciao ciao Ponente, con laggiù il Superfestival di Sanremo, che brilla delle sue luci di superaudience, ma tra poche ore è finita e qui saranno solo code e carichi di olive che rotolano sull’asfalto. E la città dei fiori sarà morta: solo qualche fila di anziani alle slot machine del Casinò. I quarantunmila ospiti eccezionali della settimana d’oro, secondo i calcoli di banca Ifis, avranno smobilitato tornando indietro. Chissà come? Magari passando da Nizza. E’ molto più facile.
IL COMMENTO
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