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di Luigi Leone

Preferisci guadagnare 5 euro all’ora oppure 9? Posta così, la domanda ha una risposta obbligata. Il problema, però, è proprio la domanda: diciamo che nel migliore dei casi è semplicistica. Se viene dalla politica, poi, si sente forte il puzzo della strumentalizzazione e del populismo a buon mercato. Parlo, si sarà capito, del salario minimo: per le cose che senti dire in televisione, per il modo in cui lo dipingono i partiti di opposizione – Pd e Cinquestelle su tutti - e la Cgil, per la maniera in cui viene trattato da una buona fetta dell’informazione, si discute con la banalizzazione una materia che invece è maledettamente complicata.

Personalmente ho molti dubbi, che derivano anche da precise circostanze. La prima: badanti e colf sono escluse/esclusi dai 9 euro di paga minima oraria. Sbagliato? Non lo so, anche se tantissime famiglie non sopportano già il peso di un recente rialzo contrattuale. Quindi che Pd e M5S ipotizzino di tenere le categorie da parte non è incomprensibile. Solo che di mezzo ci sono precisi calcoli elettorali: si fanno, ma non si dicono. Anche in Liguria è partita la raccolta firme per il provvedimento: chissà se il neo segretario regionale del Pd Davide Natale userà la cortesia di spiegare la cosa. E anche il motivo per cui il suo partito era inizialmente contrario a fissare per legge un salario minimo. 

La seconda circostanza: uno dei contratti più citati è quello della vigilanza, attestato a 5,95 euro all’ora, dallo scorso mese di aprile, dopo una lunga trattativa sindacale. Siamo distanti, quasi alla metà, dai 9 euro perorati anche dalla Cgil di Maurizio Landini. Peccato che quel contratto sia stato firmato, tra gli altri, proprio dalla Cgil: quattro mesi or sono, non un secolo fa!

La terza circostanza. Se si confrontano le paghe italiane con quelle del resto d’Europa bisogna considerare che da noi ci sono il Tfr, cioè un salario differito, e la tredicesima (se non pure la quattordicesima) che praticamente non esiste altrove (dove c’è è volontaria, simile a un premio di produzione deciso dall’azienda): anche queste due voci vanno comprese nel salario minimo. Per calcolare il quale, inoltre, bisogna tener conto di permessi, ex festività e malattia retribuita secondo legge. La quantificazione, come si vede, è complessa.

Secondo l’Ue la cifra giusta sarebbe di 7,68 euro lordi all’ora. Perché a Bruxelles sono più prudenti? Il non detto da Pd e Cinquestelle è che le imprese potrebbero non reggere l’impatto del salario minimo, con la conseguenza di migliaia di posti che vano in fumo o di una ulteriore recrudescenza del lavoro in nero. Insomma, tutto il sistema economico che oggi sta a malapena appiccicato potrebbe andare in frantumi. E sarebbe un danno anche per quei lavoratori che nominalmente si vogliono tutelare.

Inoltre, c’è la questione di una legge sulla rappresentanza, la quale dovrebbe fare giustizia di tutte le centinaia di sigle sindacali che oggi rappresentano se stesse o, peggio, più i datori di lavoro che i lavoratori. Il Paese la aspetta da decenni, una legge simile. Ma non sono convinto che sia il momento migliore per vararla. Non mi preoccupa tanto il fatto che con questo pacchetto di norme è probabile una crisi più acuta dei sindacati, almeno per come li abbiamo conosciuti. Piuttosto, mi da ansia mettere in mano il futuro dei sindacati a un governo di destra-centro: non a causa di un pregiudizio politico, bensì per ciò che la storia ci ha insegnato.

Dopo di che, credo si possa comprendere che l’esecutivo di Giorgia Meloni voglia affrontare il salario minimo in termini dialettici con l’opposizione. Quindi, si può comprendere il rinvio a settembre. Persino a gennaio, se è vero, come affermano Pd e Cinquestelle, che sotto legge di bilancio non si può discutere di uscite.

L’importante è che quella del governo, al contrario di ciò che sostengono le minoranze parlamentari, non sia una fuga. Questo sì che sarebbe imperdonabile, perché in tutta la vicenda una certezza niente affatto semplicistica ce l’abbiamo: oggi in Italia si guadagna troppo poco per arrivare dignitosamente alla fine del mese. Dunque, che qualcosa vada fatto non c’è dubbio.