Leggiamo di grandi progetti di forestazione a Genova con una vera selva in piazzale Kennedy, che cancelli l'orrenda spianata di cemento che circonda in secula seculorum, la ex Fiera del Mare e i suoi connessi.
Aspettiamo, tra inquietudine e entusiasmo, la funivia che sbloccherà l'accesso al grande parco dei Forti, aprendo al verde delle nostre colline la folla montante dei turisti, e in più intravvediamo un po' ovunque piani per piantare alberi, da quelli storici dei carruggi, dove anni fa Renzo Piano voleva radicare tante piante da cambiare il volto pietrificato della città antica.
Se poi ci si informa meglio, si scopre che altre tracce verdi segnano zone insospettabili, come la parte finale e assolata di via Casaregis, e che qua e là non solo in centro si studiano potenti innesti di verde.
Conclusione, finalmente abbiamo imboccato la strada verde, che potrà cambiare il volto genovese, città sempre squilibrata dal cemento per la industrializzazione delle grandi aree del Ponente, per le fabbriche che l'hanno invasa dall' Ottocento, perfino nella valli Bisagno e Polcevera.
Niente piante e niente spiagge per due secoli: la Superba è stata segnata da un connotato forte.
Il verde era superfluo: dal paradiso di Nervi e dei suoi parchi , a qualche area un po' abbandonata in centro, alle nobili ville del Ponente di Sestri, Pegli, Voltri, schizzi di verde anche difficilmente raggiungibili quà e là.
Ma attenzione potrebbe essere una illusione. Perchè nel frattempo la frontale battaglia di corso Andrea Podestà, dove gli oltre 65 pini marittimi, monumenti della storia secolare genovese, stanno per essere tagliati dal Comune dopo la favorevole decisione del Tar e salvi i futuri ricorsi al Consiglio di Stato.
E quella sarebbe una ferita sanguinosa. Non solo, altri piani di tagli sono già scritti nelle carte più o meno segrete del Comune e riguardano a pioggia intere zone di Circonvallazione a Monte. Il tentativo di stroncare le piante sotto il naso di Mazzini e di Vittorio Emanuele, come ha raccontato molto ironicamente Mario Paternostro, è stato interrotto solo perchè la Sovraintendenza ha bloccato l'operazione, avendo scoperto (guarda che sorpresa) nel sottosuolo reperti di grande valore storico.
E gli altri piani che agitano quartieri e strade a pelle di leopardo? Mentre escono statistiche, quanto mai appropriate meteorologicamente a questa furibonda estate del 2023, esattamente 20 anni dopo quella micidiale del 2003, con i morti a grappoli in Italia e in tutta Europa?
Forse si aspetta che Caronte, Cerbero, rientrino nelle loro latitudini di appartenenza, sperando che ciò avvenga e che non sia già partita la totale rivoluzione climatica.
E magari scoprendo che le zone senza copertura di alberi sono più calde almeno di 2,5 gradi di quelle coperte, come spiega la fondazione CIMA che ha radiografato Genova pezzo a pezzo.
Intanto la domanda se questa è una città verde o no, se vuole diventarla effettivamente, seguendo gli storici insegnamenti di Renzo Piano e quelli “verticali” dell'architetto Tito Boeri, resta attuale e anche prepotente.
Certo, quante scelte deve compiere questa città, da quando, uscita a pezzi dal suo destino post industriale, ha incominciato la sua epocale trasformazione. Città di colletti bianchi, invece che di tutte blu, città turistica e di servizi, invece che di fabbriche , opifici, grandi cantieri, che sono rimasti per grazia di Dio, eccome. Città d'arte e cultura che erano sepolte nei suoi tesori seminascosti e ora piano piano disvelati, città di comunicazione e infrastrutture da fare finalmente e non chiusa come un fortilizio, perfino quelle mura della seconda cinta di forti al mondo dopo quella cinese!
Città, infine, di cemento delle sue grandi aree postindustriali e ancora industriali e delle sue banchine o città verde, non solo nei suoi parchi risicati e anche un po' dimenticati, come i giardini dimenticati per decenni dell 'Acquasola, della Villetta di Negro, di quelle meravigliose Ville Rossi, Durazzo Pallavicini, Duchessa di Galliera, eccetera....... In quei tempi ci accontentavamo dei “Giardini di plastica” nella ex via Madre di Dio. Quasi una bestemmia voluta!
Ora che il clima incombe e l'emergenza spinge non è più solo la battaglia di corso Andrea Podestà che urge.
E' quasi una storia di sopravvivenza. Speriamo che ogni albero, ogni pianta, ogni fusto sia difeso ad oltranza e non solo nelle aule del Tribunale Amministrativo regionale o in quello del Consiglio di Stato.
IL COMMENTO
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