In questi giorni l'Italia ricorda una delle tragedie più grosse della storia repubblicana. La sera del 9 ottobre del 1963 una frana colossale precipitò in una riserva d’acqua nella valle del Vajont, al confine tra Friuli-Venezia Giulia e Veneto, provocando la morte di 1917 persone. Una storia incredibile, una tragedia annunciata che ancora oggi dopo 60 anni mette i brividi. Una storia che ricorda in maniera impressionante quella del Morandi.
Quella sera molti degli abitanti di Longarone stavano guardando la finale di Coppa dei Campioni, in campo c'erano Real Madrid e Glasgow Rangers. La massa di terra precipitata nel lago è superiore all’estensione del lago stesso, e provoca due gigantesche onde, alte più di 250 metri. La prima raggiunge Casso ed Erto, risparmiando i due paesi per pochissimo, ma spazzando via alcune frazioni. La seconda, la più terribile, scavalca la diga per finire nella valle del Piave, verso ovest: coglierà in pieno la cittadina di Longarone dopo 4 minut
Il Vajont era un torrente dal quale si doveva ricavare un bacino idroelettrico attraverso la costruzione di una diga. Per gli ingenti profitti derivanti dalla gestione dell’energia furono occultate ed inascoltate dalla SADE, gli studi, le analisi e le verifiche sul campo che attestavano la pericolosità di quest'opera.
Nel corso degli anni l'Ente gestore e i suoi dirigenti, pur essendo a conoscenza della pericolosità, coprirono con dolosità i dati a loro disposizione, con beneplacito dei vari enti locali dei piccoli comuni interessati e del Ministero dei Lavori Pubblici.
L’idea di sfruttare il bacino Idroelettrico attraverso la costruzione di una diga venne progettata e realizzata dalla Società Idroelettrica Veneta, poi assorbita dalla SADE che produceva e distribuiva energia elettrica nel Nord Est italiano, prima della nazionalizzazione e della nascita dell’Ente Nazionale dell’Energia Elettrica nella quale fu inglobata.
Il processo Vajont terminò quasi sette anni e mezzo dopo il disastro, 14 giorni prima di cadere in prescrizione. Un procedimento giudiziario che non convinse per le condanne a pochi anni dei colpevoli. La giustizia però riconobbe la prevedibilità dell'evento: la Sade (poi Enel) sapeva.
Lo Stato che si trovava in una posizione difficile, perché insieme parte civile, giudice e imputato venne riconosciuto colpevole. Cosa più unica che rara.
La responsabilità del disastro ricadde su chi ha gestito il serbatoio e su chi avrebbe dovuto vigilare, e non l'ha fatto. Vi ricorda qualcosa?
IL COMMENTO
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