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di Mario Paternostro

Abbiamo ricordato, qualche settimana fa, che la sanità pubblica è nata cinquecento anni fa proprio a Genova, quando Ettore Vernazza, discepolo di santa Caterina Fieschi Adorno prima con la sua Compagnia del Mandiletto (fazzoletto che serviva a coprire il volto del benefattore) inventò le visite a domicilio di chi aveva bisogno e poi fondò niente di meno che l’Ospedale degli Incurabili.
Certamente il moderno ospedale, rivoluzionario nella sua concezione di “cittadella della salute” fu l’ospedale di San Martino che dopo vent’anni di lavori enormi cominciati nel 1904, fu inaugurato nel 1923.

A me capita spesso, passeggiando per Genova, di chiedermi chi sia stato l’autore di determinate costruzioni, andando così a scoprire la genialità di antichi e coraggiosi architetti e ingegneri.
San Martino fu interamente progettato e costruito da un ingegnere genovese, Giuseppe Celle, che il sindaco ha insignito lo scorso 12 ottobre della medaglia d’oro alla memoria, e che merita di essere ricordato non solo per il maxi-ospedale, ma anche per molte altre opere.
Ha raccolto documentazioni, articoli di giornale, lettere private, fotografie, un discendente dell’ingegnere, Vincenzo Chiarella che ha messo insieme una storia utilissima a mantenere e rinfrescare la memoria storica della nostra città.

Dunque un bombardamento distrusse nel 1942 l’ospedale di Pammatone, quello che era stato ideato da Bartolomeo Bosco.
Il nuovo ospedale fu costruito sul colle di Santa Tecla all’interno di un grandissimo parco che comprendeva anche la villa Simon Boccanegra, residenza del doge, che oggi è adibita a centro congressi.
Fu proprio Giuseppe Celle a progettare questo complesso allora assolutamente originale, dopo aver girato l’Europa per visitare gli ultimi ospedali costruiti con nuove tecniche urbanistiche.

“L’intuizione – spiega Chiarella – fu di concentrare nella stessa azienda, in un’ unica e ampia area, sia le molteplici palazzine che diventavano così distinti e separati padiglioni di specializzazione sanitaria, sia la sede della Facoltà di Medicina”. Gli studenti e i ricercatori avrebbero lavorato fianco a fianco con i medici e i pazienti all’interno di un complesso urbanisticamente articolato, fatto di palazzine, giardini, viali, arricchito di splendide statue dei benefattori. Vent’anni durò la costruzione. Da quando la giunta municipale ebbe l’incarico di affrontare e risolvere il problema della realizzazione di un grande nosocomio “con lazzaretto e sanatorio”.

Il concorso venne indetto nel 1906 con un bando predisposto dalla commissione tecnica per il “progetto Charitas” e l’ingegner Celle lo vinse. Era un piano per 1200 degenti, sedici padiglioni, diverse sale operatorie e un palazzo dell’Amministrazione da cui si entrava nella “cittadella” che aveva anche all’interno una chiesa.

I lavori furono complessi, soprattutto per quanto riguardava la preparazione del territorio, ma già nel 1909 apparvero i primi reparti e nel maggio del 1914 fu posta la prima pietra del Palazzo della Città Universitaria. Alla cerimonia venne anche il re Vittorio Emanuele III. C’erano il professor Moresco presidente dell’ospedale, il senatore Maragliano, luminare della medicina e i due ingegneri, Celle e Misurara che offrirono a sua maestà “l’argentea cazzuola” per gettare la prima calce d’avvio. Parole del “Caffaro”.

Ogni due o tre anni veniva inaugurata qualche nuova palazzina. Fino al 4 dicembre del 1923, cioè proprio cent’anni fa, quando si svolse fu l’inaugurazione di tutta la “cittadella con ventuno edifici”.

Il solenne collaudo del nuovo ospedale – scrisse “Il Caffaro” – richiama doverosamente il costruttore e l’ideatore geniale e poderoso: l’ingegner Giuseppe Celle al cui attivo sta tutto un brillantissimo passato di lavoro ammirevole e di genialità”.
Tra le sue opere l’hotel Miramare e l’elegantissimo Columbia (dove oggi è la biblioteca universitaria), i ponti ferroviari di Recco e di Zoagli e quattro palazzi di in via XX Settembre.

Celle morì un anno dopo l’inaugurazione della sua opera più significativa, a soli 61 anni. Gli hanno intitolato una scalinata che sale da via Torti proprio verso il suo ospedale.