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di Luigi Leone

In questi giorni si fa giustamente un gran parlare dell’aumento dei pedaggi autostradali, che dallo scorso primo gennaio, per effetto di un decreto dei ministeri dei Trasporti e dell’Economia, sono rincarati per un massimo del 2,3 per cento. L’1,51% per quanto riguarda i 2.800 chilometri gestiti da Autostrade per l’Italia (Aspi), fra i quali rientra anche il tratto genovese. “Ampiamente meno del tasso di inflazione” dicono quanti difendono il provvedimento del governo.

E’ vero. Ma servono un paio di chiarimenti. Uno: a sentire Raffaella Paita, parlamentare ligure e coordinatrice nazionale di Italia viva (Iv), “non esiste una correlazione fra gli aumenti e gli investimenti”. Molti potrebbero obiettare che Paita sta all’opposizione e dunque si… oppone. Anche questo è vero. Ma in quel ruolo ci sta laicamente. Vuoi perché quando lo ritiene giusto vota con il governo, vuoi perché proprio a Genova non fa mancare il proprio sostegno al sindaco Marco Bucci, ritenuto “uno capace”. Quindi le va dato il credito di non ricorrere ai preconcetti. 

Due: nel caso genovese e ligure gli aumenti sono profondamente ingiusti. Oltre al danno dell’assenza di correlazione fra rincari e investimenti c’è pure la beffa. I cantieri brutalmente in corso, che costano code infinite e ore di odissea sia a chi lavora sia a chi si muove per turismo, infatti, non sono di manutenzione: sono di messa in sicurezza, opere delle quali per anni non si sono avute tracce, essendo stati privilegiati gli utili di Atlantia e del suo privato padrone, la famiglia Benetton.

Il crollo del ponte Morandi, le sue 43 vittime, i danni provocati all’economia ligure, il processo e i lavori che stanno mandando in tilt l’intera regione sono figli di quel comportamento. Compreso il nuovo assetto azionario di Aspi. La società nacque come entità pubblica sotto il cappello dell’Iri, fu privatizzata nel 1999, è stata costituita com’è attualmente nel 2003 e dal 2021 è tornata di proprietà pubblica. Cioè: è controllata da Holding reti autostradali (Hra) per l’88,06% (il resto è nelle mani di Allianz, il colosso tedesco delle assicurazioni), che sua volta è posseduta per il 51% da Cassa depositi e per il 24,5% ognuno dai fondi Blackstone e Macquarie.

La spiegazione è forzatamente tecnica. Ma serve per dire una cosa: l’aumento dei pedaggi è volontà del governo sia per il decreto interministeriale sia perché il governo stesso, attraverso Cassa depositi, possiede la maggioranza di Aspi. Quindi, quando si dice che a Genova non dovrebbero scattare gli aumenti e che, anzi, l’autostrada dovrebbe essere gratuita finché tornerà ad essere una vera via di scorrimento veloce, si sappia che ci si sta rivolgendo al governo.

In vista degli incontri di questa settimana con Autofiori (ci sono problemi pure nell’Imperiese e Savonese) e Aspi, intervistato dal Secolo XIX l’assessore regionale Giacomo Giampedrone dice che “la gratuità non è realistica e semmai servono più rimborsi”. Può essere un metodo. Però resta un fatto: riduzioni, cancellazioni o rimborsi che siano dipendono solo ed esclusivamente da una volontà politica. 

Il paradosso è che il governo è di centrodestra, l’amministrazione di Genova è di centrodestra e la giunta regionale è di centrodestra. Risulta incredibile, allora, che questa consonanza politica non abbia ancora portato il “caso autostrada” ad una soluzione che risponda alle aspettative dei genovesi e dei liguri. Magari ci saranno degli annessi tecnico-giuridici che possono rendere complicato il dossier. Ma non si dica che non si può fare.