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di Matteo Cantile

L’aeroporto di Genova è un asset strategico di grande valore economico: non lo dice Primocanale, che sul Colombo ha sempre creduto e nemmeno la città, che ha tutto il diritto di nutrire i suoi dubbi, ma il mercato. La ricerca di un nuovo socio privato, avviata dal presidente Lavarello con la benedizione del viceministro Rixi, si è risolta, infatti, in una serie forse inattesa di manifestazioni di interesse.

Le buste con le proposte di partnership, primo atto formale di un percorso che è solo all’esordio, sono state aperte ieri e contengono prospettive interessanti: cinque nomi, due compagnie di crociere (Msc e Costa, individuate già in premessa come investitori potenziali), un terminalista supportato da una primaria compagnia di navigazione commerciale (il ticket Spinelli - Hapag Lloyd), un operatore logistico (Levorato Marcevaggi di Emanuele Remondini) e un fondo di investimento (i 777 Partners, noti in città per essere il gruppo che ha rilanciato il Genoa).

Si tratta di un panel variegato, che va probabilmente oltre le aspettative e che dimostra il potenziale ancora largamente inespresso dello scalo genovese.

La ricerca di investitori privati fa parte di una logica di complessiva trasformazione del Colombo che ha bisogno di un cambio di proprietà per funzionare meglio: al momento la compagine azionaria è in gran parte pubblica, con l’Autorità portuale in maggioranza e la Camera di commercio a supporto. Un privato, in realtà, è già presente in minoranza e sbarazzarsene sembra essere una delle priorità: il 15% del pacchetto azionario è infatti in mano ad Aeroporti di Roma, un nome che non piace per due ordini di motivi. Il primo è legato alla famiglia che lo controlla, quei Benetton che a Genova fanno rima con Autostrade (non più, per fortuna) e ponte Morandi. Il secondo è correlato agli interessi primari di Adr, tra i quali c’è l’Aeroporto di Nizza: uno scalo molto vicino a quello genovese e in piena concorrenza soprattutto nel Ponente; mettere le ganasce allo sviluppo del Colombo suona come una strategia ragionevole per chi ha deciso di puntare tutto sulla Costa Azzurra.

Ma c’è dell’altro: l’Autorità portuale, che pure gioca un ruolo decisivo nello sviluppo economico di Genova, non dispone di quelle competenze specifiche per performare al meglio nel campo aeronautico. E’ dunque preferibile, nell’economia di Palazzo San Giorgio, cedere una parte significativa della sua partecipazione nel Colombo e restare in minoranza, con un ruolo di stimolo e controllo.

La risposta entusiastica degli investitori privati dimostra l’appeal di un city airport come il nostro: crollata nei transiti dal Covid in poi, dopo anni di crescita ininterrotta, la pista di Sestri Ponente ha un grande potenziale. Serve un bacino relativamente ampio, sta per inaugurare l’allargamento del suo terminal (a cui si accompagnerà anche il restyling della area originale) ed è collegato al più importante sistema portuale del Paese. Con questi atout gli imprenditori non potevano restare insensibili e lo hanno dimostrato.

La quota target di passeggeri è 2 milioni l’anno, un livello a cui il Colombo non è mai arrivato nella sua storia: dopo aver toccato gli 1,5 milioni le presenze si sono quasi dimezzate e il margine di crescita è dunque notevole.

Le manifestazioni di interesse, però, non equivalgono alla risoluzione di tutti i problemi, molti dei quali restano sul tavolo: quello principale è la scadenza della concessione, fissata per il 2029 dopo la proroga accordata causa pandemia. Si tratta di un orizzonte stretto, troppo forse per pianificare investimenti pesanti.

Ma la congiuntura favorevole attorno all’aeroporto lascia ben sperare: il supporto del Governo, incarnato dal fervore del genovese Rixi, è una chiave decisiva per aprire le porte del futuro dello scalo. E il presidente Lavarello, uomo schivo e forse poco mediatico, almeno per scelta, è considerato la persona giusta per sedere nella stanza dei bottoni.

Ora tocca a loro valutare la bontà delle varie proposte e scegliere la migliore: l’obiettivo è chiudere questa partita in un anno da oggi per poter partire con la nuova configurazione a inizio 2025. Per allora ci sarà un’aerostazione nuova e un piano regolatore portuale che marcherà lo sviluppo del porto di Genova nei prossimi anni: ci fossero anche il Terzo Valico e una rete autostradale minimamente migliorata (su questo non dobbiamo aspettarci granché), la Liguria potrebbe ricominciare a considerarsi una regione continentale e non più quell’isola in cui è stata trasformata.