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di Mario Paternostro

E’ vero. Ha ragione quel lettore del “Decimonono” che, alcuni giorni fa, scriveva che il Portello è scomparso. Ahimé è proprio così. Piazza Portello, così la chiamavamo, laggiù da dove salpa l’ascensore verso Castelletto così amata da Caproni e la funicolare che sale alla “Vaccheria” di Sant’Anna, non c’è più. E’ ormai soltanto un brutto e anonimo crocevia, tra due gallerie, con ingressi per il silos sotterraneo, code che s’apprestano a attraversarlo non più sotto, ma sopra e il “vespasiano di cemento” più o meno “armato” unico piccolo monumento alla contemporaneità. Cento metri più avanti, dopo la galleria, in piazza Bandiera almeno governa ancora la meraviglia della statua di Enea, unica in Italia, figlio premuroso e padre solerte, accerchiato dalle automobili in sosta. Ma Enea, si sa, è uno che resiste a tutto.

Il Portello non ha Enea, non lo ha mai avuto, ma era una piazza più o meno e non uno svincolo anonimo.
Rileggo così quell’articolo del grande pittore, illustratore caricaturista Renato Cenni, quando partecipò, nel febbraio di cinquant’anni fa all’inaugurazione del “Babboleo” proprio in piazza Portello.
“Babboleo si chiama il complesso gastronomico inaugurato in piazza Portello nel palazzo dove era l’antica pasticceria Preti”.

Lo ricordo bene anche io. Erano sale ampie, su tre piani, grandi vetrate. Al piano terra la pasticceria e la tavola calda. Comodissima per tutti quelli che lavoravano intorno alla piazza, anche per chi era in Comune a Palazzo Tursi. Non si chiamava ancora pausa-pranzo, non esistevano né i “taglieri” né lo spritz. Ma nel locale definito entusiasticamente “da 2000 e una notte!” al primo piano si pranzava al ristorante, con abili chef e piatti raffinati.

Tutto si svolgeva calpestando moquettes chilometriche, in camere rifasciate di panni morbidi, rosa e blu, illuminate da luci molto forti che Cenni, spiritosamente, definiva “sadiche”, tali da far pensare “che l’arredatore si fosse ispirato agli interrogatori di terzo grado rivelati dai film polizieschi”. Nei sotterranei l’american bar verde, dove si poteva ascoltare “musica stereofonica”. Wow!

Cenni racconta l’inaugurazione con cena riservatissima dove “dai quartieri alti sono calate le locuste-bene e in quattro e quattr’otto hanno spazzolato tutto”, dalla fantasia di antipasti all’arrosto glassato, ai crostini Toulouse Lautrec”. Insomma un locale chic in una piazza elegante nel cuore della città, quel Portello che aveva segnato le mura del XII secolo e era la cerniera tra Castelletto e il centro.
Davanti al tunnel piastrellato che portava alle cabine dell’ascensore c’era l’ edicola dei giornali. Intorno i palazzi, quello dove un tempo funzionava il consolato americano, la rampa che porta a salita delle Battistine lungo la villetta Di Negro dove abitava Nietzsche, la curiosa torretta che sembra un minareto, l’accesso a via Garibaldi e, oggi, ai Rolli.

I turisti l’attraversano per salire alla Spianata e un attento blogger fa notare “la bruttezza della ringhiera della rampa di accesso al garage”, ma soprattutto “sia la pavimentazione fatta di basoli in arenaria ottocenteschi, quelli tolti all’inizio dei lavori, poi da orribili pietre rettangolari “Made in China” ed infine dei basoli lisci, del tutto diversi dai primi.”. Insomma in pochi metri tre tipi diversi di pavimentazione. Non è questo che avvilisce, ma la perdita di un sentimento della piazza.

E’ pronta l’ex piazza Portello, oggi Svincolo Portello, a diventare il limite di una zona pedonale, quella che, in molti si augurano, con coraggio riserverà a chi cammina, acquista, passeggia da genovese o da turista, Fontane Marose e via Roma senza auto, moto, scooter e con l’accesso del popolo dei furgoni regolamentato? Coraggio, caro sindaco…..dopo Cerofolini e Pericu oggi tocca a lei la decisione.