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Se è vero che la prima volta non si scorda mai, è altrettanto vero che c'è chi, per delusione o rassegnazione, negli anni si è dimenticato come si fa. Da una parte una scheda, dall'altra una matita: al centro una X e il nome di un candidato. Ed è così che quasi ogni anno, dal 1946, si rinnova l'appuntamento con l'unico, vero potere, che i cittadini hanno nella società. Si tratta del cosiddetto, ripreso all'occasione, "diritto di voto". Un diritto che troppo spesso la collettività ha dimenticato di avere, più o meno consapevolmente, e che ha portato negli anni a uno scollamento tra la politica e la cittadinanza. Di chi sia la responsabilità, dipende dai punti di vista: degli uomini e delle donne che non riconoscono il valore di quel semplice gesto, o dei politici che ne hanno sbagliate troppe, e in modo reiterato? Come spesso accade, la verità, si colloca nel punto più mediano della storia. E la narrazione, numeri alla mano, parla chiaro.

Il primo dato che emerge, ed è quello su cui la politica spesso fa affidamento per giustificare il calo dei consensi, è quello relativo all'astensionismo. Parola che negli anni ha fatto tremare i polsi di leader, segretari, candidati e che invece è pane quotidiano per i sondaggisti. E se partiamo dal principio, nel lontano 1946, alla fine del ventennio fascista, si recarono alle urne l'89,08% della popolazione. Dopo 78 anni, nel 2024, il dato si è semplicemente dimezzato e la sensazione, da qui all'election day dell'8 e 9 giugno, è che la percentuale possa ancora diminuire. Ultime, solo in ordine di tempo, le indagini su più filoni che vedono coinvolti ministri, sottosegretari, deputati, partiti, giunte regionali e comunali, assessori. Una nube nera che getta nell'ombra l'operato e la fiducia nella politica, che non riesce più a essere credibile e a fidelizzare i propri elettori. Riprova, ne sono state le Politiche del 2022, che incoronarono Giorgia Meloni prima premier donna italiana, ma che evidenziarono un allontanamento sempre maggiore dalla cittadinanza.

Insomma, le percentuali bulgare del Novecento non sembrano potersi riproporre, almeno non in questi anni, ci vorranno decenni, forse, per tornare alle origini, come spesso accade nei cicli della vita. Bisogna arrivare alla fine per ripartire da capo. Ma nel frattempo il mondo va avanti, le persone hanno bisogno di risposte e di essere governate, e la politica non può sottrarsi dal fare la propria parte. Il prossimo appuntamento elettorale è quello delle Europee e delle Amministrative, che in Liguria riguarderanno oltre 100 Comuni. Alla prima chiamata del Parlamento europeo, nel lontano 1979, rispose il 62% degli aventi diritto, quarant'anni dopo, nel 2019, si recò alle urne il 54,50% e quell'anno ci fu una risposta comunque positiva, soprattutto con il voto dei più giovani. Alla prova del nove l'incontro nelle urne di giugno, dove i cittadini si giocano una fetta di futuro tra Green Deal, Pnrr, conflitti ai confini d'Europa e i partiti se la giocano altrettanto tra gradimento e sfide, più o meno personali. E sono state anche quest'ultime ad aver allontanato l'elettorato medio, perché i "giochini" interni hanno stancato, ma soprattutto sono incomprensibili agli occhi di chi li osserva, li legge sui giornali o li guarda in televisione.

Nella ristorazione si dice che il cliente abbia sempre ragione, nella politica ad aver sempre ragione potrebbero essere i cittadini. Ma il confine, tra i due "stati", è molto labile. Perché sì, esiste il "diritto di voto" ma esiste anche il dovere di partecipazione, di esprimere con una X quale partito, quale politico, possa incarnare al meglio quelle che sono richieste, speranze, ambizioni per il futuro. Perché la politica è molto più radicata in noi, nelle nostre vite, di quanto una cifra, quella dell'astensionismo, possa rappresentare. La responsabilità di questa lontananza, sempre più siderale tra la politica e il popolo, non è solo delle istituzioni ma anche di chi, con orgoglio, ribadisce la propria avversione verso il voto. "Io non voto, e me ne vanto" dicono in tanti. Io invece, personalmente, sono fiera di votare, e di non aver mai saltato un appuntamento, perché la politica la ritroviamo in ogni meandro della nostra vita. Quando impresto le chiavi della macchina, voglio decidere a chi affidarle, perché ancora, le automobili, hanno bisogno di un pilota. I politici però, d'altro canto, devono prendersi le chiavi e non chiuderle in un cassetto, o ancora peggio mettersele in tasca, per poi smarrirle. Può sembrar strano come un foglio, una scheda e una matita, possano cambiare il corso della storia. E in quel corso, mi permetto, voglio esserci anch'io.