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di Matteo Cantile

Dal 1991 al 2022 i salari in Italia sono cresciuti dell'1%: nel giorno della festa dei lavoratori un editoriale potrebbe anche concludersi qui, non c'è nient'altro da aggiungere a questa catastrofe. 

Considerando la crescita dei prezzi al consumo e l'aumento esponenziale dei bisogni imposti dalla contemporaneità (basti pensare ai telefonini, a internet o agli abbonamenti a varie piattaforme) ne esce un quadro così grave che può solo condurre a una semplice domanda: come diavolo facciamo a sopravvivere?

Ogni aspetto della vita collettiva si è modificato in modo da deprimere quella che un tempo era la prosperosa borghesia italiana: ricordo che, quand'ero giovane, si diceva che l'automobile che una persona poteva permettersi era tarata sul valore dei propri dieci stipendi; l'utilitaria valeva, ipotizziamo, 10 milioni, la berlina di classe media 20, e così via. Oggi con dieci stipendi di un impiegato medio o di un operaio ci si compra forse il volante, ma di quelli con pochi pulsanti. 

Lo stesso vale per la casa: oggi è del tutto escluso, a differenza di quello che succedeva venti o trent'anni fa, che un giovane con la spalle scoperte possa pianificare l'acquisto della propria abitazione. E non è solo un tema di precariato diffuso e quindi di assenza di garanzie da presentare a una banca: anche con un contratto stabile, infatti, è perfettamente impossibile sostenere una rata in linea con i costi d'acquisto. Completamente fuori portata.

Una condizione che si dipana su tutto, anche sui beni voluttuari: un tempo l'impiegato di banca che alla cassa contava le banconote con quel movimento circolare così affascinante, aveva il Rolex al polso. Un acquisto che, al tempo, valeva l'equivalente di un suo stipendio, anche meno. Adesso per quello stesso orologio il solito impiegato dovrebbe investire almeno tre, forse quattro dei suoi stipendi: oggi anche lo status symbol è bello andato. Vogliamo parlare delle cene al ristorante? 50 Euro a testa in trattoria, fate la prova. 

E così, mentre i sindacati (e i media) si concentrano sul precariato (tema importante, ci mancherebbe, ma forse non così sentito dalle nuove generazioni), io vorrei chiedere conto alla politica e alle istituzioni di cosa abbiano fatto e cosa intendano fare per riequilibrare il rapporto tra costi e salari. 

Perché dopo tante chiacchiere sulla povertà dovremmo iniziare ad ammetterlo: i nuovi poveri siamo tutti,, siamo noi.