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di Riccardo Olivieri

GENOVA - Me lo ricordo Andrea Bandini, Bando, quando più di 10 anni fa frequentava la stessa parrocchia di Chiavari dove io e tanti ragazzi liceali e universitari davamo una mano ai preti col catechismo e con i campi estivi, una parrocchia frequentata da tantissimi bambini e giovanissimi come lui, che all'epoca andava alle medie. L'ultimo ricordo che avevo di Bando era quello di un ragazzo tranquillo, mai sopra le righe, mai fuori posto, molto educato da sembrare quasi spaventato di non rigare dritto, rispetto a coetanei decisamente più vivaci. Per questo mi ha impressionato realizzare che quel ragazzo con gli occhi sbarrati che ho visto nelle foto degli articoli dei miei colleghi perché a San Colombano aveva aggredito con una roncola i genitori di Giulia Imporzani, la sua ex, e ucciso il loro cane fosse proprio lui. Ora Karin Dupres e Angelo Imporzani sono ricoverati al Galliera in prognosi riservata. Ora Andrea non lo chiamano Bando, sui social lo chiamano "mostro".

Ho cercato le foto di quei tempi per ripercorrere i ricordi. Era spesso con la sorella, si somigliavano tantissimo. Non ricordo di averlo più incontrato negli ultimi anni, Chiavari è tutto sommato piccola ma abbastanza grande da potersi perdere di vista. Non ricordo neanche di aver mai visto un qualche mostro annidato dentro di lui, ammesso che ci fosse. Sicuramente, però, ad un certo punto è arrivato. Perché Andrea ha commesso un crimine terribile come terribile è il movente, quel senso di vendetta verso la ragazza che lo aveva lasciato frutto di un maschilismo tossico e inaccettabile di cui la nostra società non riesce a prendere piena coscienza, figuriamoci affrontarlo e superarlo, e che continua a mietere molte vittime innocenti, tutte donne, anche in questo caso dove la violenza verso Giulia Imporzani non è stata fisica ma psicologica perché sono stati colpiti i suoi affetti più cari proprio per farla soffrire, tre vite offerte sull'altare di una vendetta senza senso, senza che Giulia avesse alcuna colpa.

Mi chiedo cosa si possa essere rotto in questi anni dentro questo ragazzo, così diverso da quello che ricordo io, che ha distrutto una famiglia e sicuramente ha ferito profondamente anche la sua. Gli auguro che la pena che gli verrà assegnata possa essere sufficientemente lunga da consentirgli di rimettere insieme quei pezzi e ripararsi, che il carcere sappia dargli gli strumenti giusti per poterlo fare e che una volta uscito possa trovare un mondo che abbia accettato il fatto che la sua pena sia stata scontata. E ricominciare, senza dimenticare o peggio negare ciò che è successo ma ripartendo come un uomo migliore.

Auguro soprattutto ai genitori di Giulia una pronta guarigione, fortunatamente non sembrano in pericolo di vita, e che tutta la famiglia possa ritrovare una serenità che gli è stata portata via con una roncola e un crimine terribile, con un movente terribile.

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