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di Franco Manzitti

Oggi che in porto arrivano e partono tra 2500 e 3000 navi all’anno sembra impossibile quello che scoprimmo in un grigio Capodanno del 1983. In porto non c’era neppure una nave e quando scoccò la mezzanotte le sirene non suonarono neppure proprio perché le banchine erano deserte come mai.
Scoprimmo quel terribile vuoto perché le polemiche, gli scontri, le discussioni che riguardavano il disastro del porto ci avevano suggerito di andare a vedere cosa stava succedendo e quale occasione migliore della data fatidica di Capodanno?

Ti ricordi Mario, come ci venne quell’idea poi molto azzeccata giornalisticamente e che è rimasta nei libri di storia?
La nuova puntata di “Ti ricordi?”, la trasmissione che con Mario Paternostro abbiamo costruito per raccontare i grandi fatti del passato recente di questa città, è dedicata a quel momento “storico” che culminò con il porto vuoto e poi con i grandi cambiamenti e le lotte dentro allo scalo che all’epoca era un grande porto pubblico dove risaltavano i poteri del Cap, il Consorzio Autonomo e della CULMV, la Compagnia dei camalli detentrice del monopolio secolare del lavoro sulle banchine.


E’ stata una fase chiave nelle vicende della città in mezzo agli anni Ottanta, che segnavano anche la grande crisi delle aziende Iri e l’uscita dal periodo terribile degli “anni di piombo”.

La prima puntata della trasmissione dedicata a questo passaggio così delicato parte proprio da quello zero-navi e racconta del blitz che il governo di Bettino Craxi fece per uscire da quella situazione di quasi paralisi dello scalo, scegliendo come presidente del Cap Roberto D’Alessandro, un manager Fiat con importanti precedenti professionali, un genovese che tornava a casa con un compito gigantesco.
Il compito era salvare il porto bloccato da guerre interne, fermo a quei monopoli storici, in una città che faceva fatica perfino a individuare un presidente all'altezza del compito.

C'erano i partiti dove dominava la lottizzazione delle poltrone, c'erano gli imprenditori che allora avevano un ruolo forte nella società e leadership come quella di Riccardo Garrone, che aveva lanciato una rosa di nomi per scegliere l'uomo scelto per andare a Palazzo san Giorgio a governare le banchine e a domare la tempesta.
La puntata, che abbiamo preparato con Mario e che avrà un seguito nella prossima, racconta anche attraverso pezzi di archivio e testimonianze dirette dei protagonisti di allora tutto quel passaggio cruciale.

L'arrivo di D'Alessandro e del suo progetto, che erano i famosi “libri blù”, rivoluzionò non solo l'assetto del Cap, ma fu come una sfida per la Culmv, che proprio in quegli anni aveva cambiato il suo vertice, scegliendo come console un personaggio dal grande calibro: Paride Batini, che avrebbe governato la storica Compagnia per anni decisivi.

Lo scontro tra Batini e D'Alessandro ha avuto qualcosa di epico, se lo leggiamo a tanti anni di distanza. Intanto per la personalità dei due contendenti, che sembravano attori scelti apposta per rappresentare lo scontro. Da una parte la spinta della modernità che portava a rompere i vecchi schemi, dall'altra la storia profonda delle banchine, lunga secoli, custodita in ogni epoca da uomini forti e decisi, capaci non solo nel loro duro lavoro sulle banchine, a bordo delle navi, ma anche “politicamente” schierati in una città che aveva connotati precisi e che era una delle “roccaforti rosse”, dove negli anni Settata il Pci aveva ottenuto ben più del 40 per cento dei voti.
Ma la Culmv era indipendente anche rispetto al grande partito della sinistra, così come D'Alessandro era indipendente rispetto ai poteri dei partiti politici a livello locale e a quelli economici e finanziari della città che avevano le loro leggi.

Da una parte era dura rompere lo schema consolidato tra Palazzo san Giorgio e gli utenti del porto, introducendo principi economici nuovi dentro alle banchine e al loro governo. Dall'altra era complicato che i camalli mantenessero intatta la loro libertà d'azione, consacrata nella loro base di San Benigno, rispetto ai partiti di sinistra, che governavano la città e le sue istituzioni quasi sempre e rispetto al sindacato, che aveva le sue logiche nazionali. Non esisteva solo Genova, il suo porto e quello scontro, ma in quegli anni fu un po' così e tutta Italia guardava a quella contesa, anche spettacolare e simbolica, che sarebbe stata una specie di primo capitolo di un grande processo di modificazione degli equilibri portuali, l'anteprima della privatizzazione, consacrata qualche anno e qualche legge di riforma dopo.

Ricordare tutto questo è oggi un'operazione che sembra quasi irreale rispetto alla realtà attuale, che vede il governo del porto tutto spostato sul potere dei terminalisti, sulla contesa per ottenere le concessioni da parte dell'Autorità di Sistema, che ha preso il posto del Cap, ma c'è come un filo che lega epoche tanto diverse ed è la centralità a Genova del porto, del suo ruolo, oggi ancora più importante di allora per il processo di de industrializzazione così decisivo nel modello di sviluppo di una città molto diversa da quella di quella notte di Capodanno senza navi.

L'attualità stretta, perfino l'inchiesta che sta scuotendo le fondamenta della politica e delle banchine, ha tra i suoi epicentri investigativi proprio il porto.

E allora ricordare, tornare indietro, significa aggiungere qualcosa alla comprensione di quanto sta avvenendo oggi. Solo che un D'Alessandro e un Batini oggi non ce li abbiamo più e non solo in porto e , caro Mario, ricordarli, mostrarli nella loro forza perfino nel loro ineguagliabile stile comunicativo, significa anche rimpiangere un po' il passato, con un Amarcord speriamo costruttivo.
La nuova puntata andrà in onda a partire da lunedì. E' facile: Ricordatevi “ Ti ricordi?”!  

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