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Chiacchieravamo ieri con un amico valdostano seduti su un tronco d’abete in un bosco fitto. Io gli chiedevo notizie del bombardamento americano che il 23 agosto del 1944 distrusse Pont Saint Martin, lasciando oltre un centinaio di morti tra cui quaranta bambini. Nulla purtroppo cambia nella ferocia e nell’imbecillità degli uomini. Lui mi chiedeva delle elezioni in Liguria, queste strane elezioni anticipate dell’ultimo week end di ottobre per eleggere una giunta e un presidente che governino la regione dopo l’inchiesta squassante sulla presunta corruzione che ha portato alle dimissioni di Giovanni Toti. Gli illustravo la situazione confusa e lui si è stupito che non ci fossero ancora i nomi dei candidati presidenti né del centrodestra, né del centrosinistra. Insomma che non ci fosse nei due schieramenti nessuno pronto al domani, il classico personaggio in ascesa che scalda i motori, sapendo che la politica italiana è sempre foriera di sorprese.

A sessanta giorni da quel voto non li conosciamo ancora. Le magmatiche alleanze contrapposte discutono senza riuscire ad arrivare a un nome condiviso. Certo che se il segretario ligure del Pd eletto un anno fa (luglio 2023) avesse insistito subito su una indicazione di leader entro il 2023 (pensando in ogni caso all’appuntamento naturale nel 2025), oggi i Pd non si troverebbero sorpresi dagli esiti clamorosi dell’inchiesta con la chiamata alle urne anticipata. Ci sarebbe un nome pronto, reso popolare, visibile. Il centro destra sembrava, allora, non avere problemi, essendo ancora convinto che Toti potesse ripresentarsi per un terzo mandato.

“Preparavano il programma” ho risposto all’amico valdostano.

“Come è?” mi ha chiesto. “Boh? Forse ora con le feste dell’Unità lo conosceremo nei dettagli. Si punta sulla sanità”. “Ho capito”.

Un breve silenzio riempito dalla colonna sonora di un vento fresco giù dal lago del Miage e un’osservazione del valdostano.

La Liguria che vota un mese prima di Umbria e Emilia Romagna, diventa un caso interessante, ma soprattutto un momento cruciale per chi perderà. Infatti vista l’attuale situazione nazionale così incerta, confusa, economicamente delicata, con alleanze precarie sia a destra che a sinistra, con leader in crisi per molti motivi, cambi di squadra, partiti, movimenti, liste personali, club di amici, salotti, osterie politiche che nascono ogni settimana, le sconfitte avranno ripercussioni pesantissime sulla politica nazionale. Insomma voi liguri farete da apripista a quello che accadrà poi nazionalmente. Nel bene e nel male”.

Già. Perché se il centrodestra perde magari con un candidato-presidente espresso dai post-totiani, si ingarbuglieranno i rapporti già confusi tra Fdi, Lega, Forza Italia e cosiddetti moderati centristi. La frase ricorrente sarà: “Ci avete fatto perdere voi!”.

Idem dall’altra parte. Se perderà il centrosinistra con un probabile candidato Pd, oltre alla responsabilità della segretaria regionale ligure che dovrà fare le valigie, ci sarà anche il coinvolgimento della Schlein e dei suoi fedelissimi che si sono presi l’incarico di decidere loro, di consacrare loro da Roma, il candidato per il nostro territorio. Con gli alleati a cominciare dai Cinquestelle (o Quattrostelle o Trestelle, se si divideranno nelle prossime settimane) a rinfacciare al Pd una seconda pesante sconfitta per colpa di un candidato sbagliato.
Certo che da tutte e due le parti un candidato non politico (i nomi si fanno con noiosa ripetizione, ma i rifiuti sono rapidissimi) salverebbe la situazione anche in caso di débacle elettorale. Il cosiddetto “civico” perde e se ne torna al suo lavoro normale, quasi sempre anche con un premio di consolazione. Abbiamo parecchi esempio nel recente passato.

Senza contare che la situazione locale con tutti questi auto-candidati “pronti al sacrificio” che si “mettono a disposizione”, è curiosa e potrebbe creare, soprattutto in caso di vittoria del centrodestra, un serio problema al sindaco Bucci che oggi, senza Toti a fianco, è il più forte personaggio del centrodestra. Con il suo vicesindaco Piciocchi che salpa per la Regione (nome molto gettonato in questi giorni) magari insieme a qualche altro assessore anelante di consiglio regionale, Bucci dovrebbe darsi da fare per un rimpasto forte, costruito in vista delle elezioni comunali (finalmente forse uscirà un vero assessore alla Cultura!). Operazione tutt’altro che facile vista la carenza di personale politico.

L’amico valdostano interviene: “Potevano candidare Bucci in Regione!”

Dall’altra parte, soprattutto all’interno del Pd, si arriverebbe alle solite “rese dei conti” di cui già vediamo le premesse con la disputa valpolceverasca tra Sanna e Romeo. Disastrose per un partito che ormai da anni soffre di virus stagionali debilitanti e, a quanto pare, senza validi vaccini di contrasto.

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