É anche un problema di centrifuga. Se sbagli i tempi rischi di restringere i capi, ma anche i campi. Le coalizioni primavera-estate del prêt-à-porter ligure sono finite in lavatrice il 7 maggio scorso, nella maxi inchiesta giudiziaria che ha coinvolto il presidente della giunta regionale. Così, all’improvviso, il futuro politico della nostra regione è diventato un campo di prova delle strategie nazionali. Oggi è lecito dire che il futuro politico ligure si muove in stretto contatto con quello nazionale.
Come andare al voto, quali compagni di partito scegliere è diventato un dilemma da affrontare prima del previsto, non nell’anno che verrà, quel 2025 che sanciva la scadenza naturale del secondo mandato totiano. Quella era una data che rassicurava tutti, amministratori e opposizioni, al di là delle legittime dichiarazioni di chi contrastava l’azione di governo regionale. In politica i tempi hanno un loro valore, oggi più di ieri: funziona un po’ come nella comicità, nelle battute i tempi sono fondamentali. E ormai molta politica è fatta soprattutto di battute. Finiti nella centrifuga dell’inchiesta del 7 maggio entrambi gli schieramenti hanno iniziato a temporeggiare.
“Meglio procrastinare, piuttosto che sbagliare” diceva Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti. Un pensiero ottocentesco, diventato un mantra in questa timida campagna elettorale ligure. Si sono sistematicamente rinviate le scelte sulla coalizione e dunque sul candidato, ma le cose hanno continuato inevitabilmente a muoversi, da una parte e dall’altra, nel centrodestra e nel centrosinistra. Lo schieramento per il quale si é fatto avanti Andrea Orlando alla fine ha deciso, il tre volte ministro è il candidato del centrosinistra. È arrivato anche il sigillo di un comunicato congiunto, con firma del “campo largo”, compresa Azione, con i suoi esponenti regionali che si sono assunti la responsabilità di dare semaforo verde. Fra qualche giorno, forse potrà raccogliere anche il consenso di Italia Viva e allora sarebbe campo larghissimo, poi si vedrà se la scelta farà salire o scendere le preferenze. Per allargare la coalizione i renziani lascerebbero formalmente la giunta genovese, vedendo passare assessore e consigliere delegato nella lista civica del sindaco Bucci.
Intanto “procrastinare” è diventato anche l’atteggiamento della coalizione di centrodestra. Le meritate ferie d’agosto del governo Meloni hanno facilitato la strategia o presunta tale. Negli ultimi giorni le scelte sono diventate obbligate e questo ha messo in moto una nuova centrifuga politica, ricca di colpi di retroscena e colpi di scena, come racconta l’articolo dell’editore Maurizio Rossi (Leggi qui). Il governo Meloni non è citato a caso, perché la scelta del nome del candidato in Liguria per il centrodestra, porta direttamente a Roma. E non certo per quello che si sono detti nella prima e fin qui unica riunione tra leader nazionali, dove la premier Meloni pare si sia limitata ad ascoltare i vari esponenti dei partiti mettere sulla scrivania i loro leader di bandiera. I giochi si fanno in separata sede e anche qui la cosa è assolutamente legittima. E la partita resta aperta tra Fratelli d’Italia e Lega, che, voti alla mano, sono sempre le principali forze della maggioranza, malgrado il buon pressing di consensi raccolti da Forza Italia. Oggi in Liguria la partita del “procrastinare” la sta giocando FdI, qualcuno dice che la sta “sbagliando”, ma ovviamente questo si saprà solo dopo il voto per il nuovo consiglio regionale. Il partito di Giorgia Meloni non vorrebbe far pesare troppo l’eredità di Toti e insieme neppure la Lega e da qui la scarsa convinzione alla candidatura di Pietro Piciocchi, nella visione che il vicesindaco di Bucci sia troppo vicino al Carroccio.
Fratelli d’Italia vuole sfidare la Lega sui territori, una sfida “costosa” in termini di voti e probabilmente già pagata in Sardegna, dove il centrodestra è stato sconfitto dalla candidata dei Cinque Stelle sostenuta da uno schieramento che includeva anche il Pd.Ora la partita si è trasferita in Liguria e poi sarà la volta del Veneto. La scelta ormai (definitivamente?) tramontata del viceministro leghista Edoardo Rixi, avrebbe permesso una composizione forse più facile del mosaico, con la candidatura in Veneto di un esponente di Fratelli (oltre a garantire un eccellente candidato per gli elettoridi centrodestra chiamati alle urne in Liguria). Perché questa sfida interna al centrodestra? La forza della Lega sono i territori, la classe dirigente locale è sponsor e ancora di salvezza per Matteo Salvini, sempre e comunque. Funziona così perché prendono voti, mantenendo le loro distinzioni con il leader nazionale. Non a caso le “fughe” dal Carroccio sono ormai quasi una rarità rispetto a tempi e leadership passate. Per questo Fratelli d’Italia vuole giocare bene le proprie carte nella scelta dei candidati, iniziando dalla Liguria. E in questo, alla voce rumori di sottofondo, vanno annotate le decisioni di chi come Gianmarco Medusei coglie spunto dalle decisioni leghiste sulle future candidature per passare in FdI. Ma c’è anche la scelta di Brunello Brunetto, già presidente leghista della delicata commissione Salute, che come il vicepresidente del consiglio regionale non lascia e basta, ma passa a Fratelli. Così si indebolisce un alleato e si prova a rafforzare la propria classe dirigente. Un lavoro politico che si fa (anche) in Liguria, per cercare di “battere” Salvini a Roma. Meglio, per definire quali devono essere i rapporti di forza nella compagine di governo che dovrà affrontare un autunno che come sempre si annuncia rovente. Dunque è in questa logica che può restare uno spiraglio alla candidatura di Rixi: perché sarebbe una scelta politico-strategica condivisa con Salvini, non banalmente perché si tratterebbe di una richiesta del leader.
Ora, al termine di questo breve viaggio, torno all’ampio dibattito aperto in questi giorni dal sito di Primocanale, gruppo del quale mi appresto ad assumere con entusiasmo la responsabilità della direzione editoriale. Dell’ultimo intervento del collega, magister e amico Mario Paternostro condivido quasi tutto, non il finale (Leggi qui). Comprendo che certe beghe facciano passar la voglia di lasciare onori e oneri del lavoro parlamentare, ma la Liguria ha bisogno di “secchioni” alla guida di un momento delicatissimo per il suo futuro. E dunque basta “procrastinare”, le coalizioni decidano nomi e obiettivi programmatici. E appena le coalizioni decideranno,via alla campagna di Andrea Orlando e Ilaria Cavo o ancòra Pietro Piciocchi, per non chiudere del tutto all’ipotesi Lorenzo Cuocolo, il civico che piace anche o soprattutto al sindaco di Imperia Claudio Scajola. O con la candidatura forte di Rixi, se avrà motivi per ripensarci. È il momento che i candidati scendano in campo con idee e progetti. Accettando l’investitura con la consapevolezza che la Liguria è strategica, per i liguri. E non per consegnare agli elettori una scheda che sia solo un “vuoto a perdere”.
Giampiero Timossi, direttore editoriale di Primocanale
IL COMMENTO
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