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Tutto lo sdegno per l'affaire Gennaro Sangiuliano e Maria Rosaria Boccia fa capire che abbiamo la classe politica che ci meritiamo. Una vicenda da commedia all'italiana, finita in centinaia di notizie che continuano ad essere scritte e in onda in coda al Tg1 come esclusiva e con un ministro in lacrime che pareva seduto più sul tronco di Temptation Island che in un ufficio del ministero della cultura. Cultura, questa sconosciuta: l'ormai ex ministro ha rassegnato le dimissioni proprio per quella che è una vicenda che intreccia il gusto voyeuristico italiano per il gossip, nomine promesse, ricatti e persino gli occhiali di Meta che documentano nelle storie Instagram i giretti dentro palazzo Montecitorio dell'eclettica Maria Rosaria Boccia. Un caso che sicuramente sarà da chiarire, ma quello che mi stupisce è che le dimissioni sarebbero state da richiedere prima al ministro, dopo le ripetute gaffe che hanno evidenziato la sua totale inadeguatezza a ricoprire il ruolo. La cultura è una cosa seria e in un paese come l'Italia dovrebbe essere trattata seriamente: non si tratta di un bene soltanto da tutelare e da studiare, ma anche da valorizzare e promuovere nel mondo, da riuscire a sostenere economicamente, da incentivare. Non è affare solo per "intellettuali", ma non è neanche un bene di consumo da vendere a orde di turisti a caccia di foto al capolavoro, senza capire cosa stiano fotografando. 

Dal post sui “due secoli e mezzo di Napoli” per cui è stato incolpato il social media manager a Cristoforo Colombo che aveva circumnavigato la Terra “sulla base delle teorie di Galileo Galilei”, nato più di 70 anni dopo la scoperta dell'America, sono tanti gli errori che hanno messo in imbarazzo il ministero della cultura. Sicuramente, nessuno può conoscere tutto e un ministro può anche non avere il tempo di leggere i libri finalisti al Premio Strega, ma si presuppone che almeno un politico sia bravo a comunicare e si circondi di uno staff competente. Altrimenti, forse è meglio cercare un tecnico.

Un po' come sta accadendo anche in Liguria, dove per l'assessorato alla sanità in Regione si è ricorsi ad un primario come Angelo Gratarola o per quello alla cultura in Comune, dove la delega è rimasta al primo cittadino, si è parlato più volte di affidarla a Giacomo Montanari, ora coordinatore del tavolo culturale di Genova. È la morte della politica? Perché cerchiamo candidati sempre più "civici" e meno politici? Forse perché il paese oggi ha bisogno della "politica del fare", a prescindere da qualsiasi colore o scolorita ideologia. Rispondo così allo spunto che aveva lanciato qualche settimana fa Mario Paternostro nel suo commento dal titolo: "Basta candidati della società civile. Ora largo ai politici di professione".

Basta candidati della società civile. Ora largo ai politici di professione - IL COMMENTO

Anche io credo nel proverbio "ad ognuno il suo mestiere", ma ai politici di professione chiedo di studiare e di ascoltare, di mettere al centro le vere competenze, di farsi da esperti del settore per poter governare, ma anche per fare opposizione. E ai cittadini chiedo di premiare chi lo fa e di condannare l'impreparazione, non di scandalizzarsi e scatenare i meme soltanto quando si arriva allo scandalo. Altrimenti ci meritiamo ministri come Gennaro Sangiuliano.

 
 
 
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