Commenti

2 minuti e 2 secondi di lettura
di Mario Paternostro

GENOVA-Si può davvero condannare la gente alla cancellazione di Dostoevskij di fronte all'aggressione dell’Ucraina? E al ripudio della musica sublime diretta da Valerij Abisalovic Gergev reo di essere compagno di classe di Putin? O alla voce della Netrebko? È ragionevole diventare russofobi tout-court, senza distinzioni tra la follia di un dittatore e il suo immenso popolo? E è giusto, sì uso volutamente il termine "giusto", che a Genova si cancelli un evento teatrale su Dostoevskij perché patrocinato anche dal consolato russo?


Per me no. La guerra va ripudiata e la cultura serve anche a realizzare questa operazione. Avremmo dovuto rinunciare ai grandi romanzieri americani degli anni Cinquanta perché i marines di Johnson avevano occupato il Vietnam? O alla letteratura francese quando i bombardieri di Sarkozy e di altri paesi, ancorché autorizzati dal consiglio di sicurezza dell’Onu, nel 2011 tempestarono la Libia del dittatore Gheddafi? Per me no.


Quindi a Cechov non rinuncerò. Non rinuncio a Cechov per colpa di Putin. Non rinuncio alla sua immensa cultura e soprattutto al suo amore per Genova. Ricordate il breve dialogo ne "Il Gabbiano"? Quando Medvedenko chiede al dottor Dorn quale città del mondo preferiva? E Dorn risponde: "Genova….C’è una meravigliosa folla nelle sue strade. Quando esci la sera, dall’albergo, sono tutte gremite di gente. Ti muovi in mezzo alla folla senza una méta, su e giù, a zigzag, vivi della sua vita, ti fondi con essa psichicamente e cominci a credere che in realtà sia possibile un'unica anima universale…".


I russi sono una cosa. La maggioranza, la stragrandissima maggioranza dei russi, molti del quali oppressi e senza libertà, senza la libertà di un gabbiano magari visto volare proprio a Genova quando Cechov vi soggiornò brevemente nel 1894, sono una cosa molto diversa dai capi del Cremlino.

Come fece Cechov visitate il cimitero di Staglieno e passate nel campo dei partigiani davanti alla tomba di un uomo che a trentasei anni morì per noi, per difenderci dai nazisti. Si chiamava Fiodor Poletaev, era nato a Gorlowo in Russia nel 1909. Morì ucciso da una fucilata al collo a Cantalupo vicino Alessandria. Combatteva con i partigiani della Pinan Cichero lui sergente dell’Armata Rossa. Lo chiamavano il gigante Fiodor per la sua stazza. Ha avuto la medaglia d’oro al valor militare. Insomma, si è fatto ammazzare anche per noi genovesi.


Con Putin non ha nulla che fare. Come Anton Pavlovic Cechov. Le sue parole aiutano sempre. Anche con la guerra in faccia.

 

ARTICOLI CORRELATI

Mercoledì 02 Marzo 2022

Ucraina, il teatro Govi rinvia il Festival di letteratura russa dedicato a Dostoevskij tra le polemiche: "Si farà con la pace"

I cittadini: "Mi aspetto i roghi delle opere di grandi autori russi", "Brutto, bruttissimo clima". La replica: "Non si tratta di censura, ma di un atto simbolico, forse ci siamo spiegati male"