Uno dei temi abituali intorno al 25 Aprile riguarda una domanda: coloro che combatterono per liberare l'Italia dalla tirannia nazi-fascista è questo il Paese che volevano lasciarci? La risposta sottintesa è "no", non è questo. E a sostegno di tale tesi si portano tutte le storture di cui soffriamo: le code interminabili per una visita medica specialistica, la giustizia che non funziona come dovrebbe, le opere pubbliche che costano il doppio rispetto al resto d'Europa, una burocrazia che definire invasiva è poco.
Sono soltanto alcuni grani di un rosario quasi infinito. Ma sono storture amministrative. Qui, invece, si parla di valori. E allora io dico che sì, è esattamente questo il Paese che chi combatté la Resistenza voleva lasciare alle persone del domani. Una Italia libera, nella quale ognuno fosse padrone di esprimere la propria opinione anche se essa va contro quella grandemente in maggioranza. Per stare ai casi più recenti, lo abbiamo visto durante la pandemia, sui vaccini in particolare, e lo stiamo vedendo adesso sulla guerra in Ucraina.
All'esercizio di esprimersi in totale libertà hanno partecipato e stanno partecipando tutti. A volte, siamo onesti, anche formulando quelle che tecnicamente possono essere delle autentiche castronerie. Ma non importa: in questo Paese esiste un livello di libertà che è praticamente assoluto. E nessuno si sogna di fare come in Russia: mettere in galera cittadini e/o giornalisti la cui unica colpa è quella di pensarla diversamente da come vuole il potere costituito. Non accade solo in Russia, in verità: l'esempio nasce solo dal fatto che oggi salta subito in mente ciò che combina il regime di Vladimir Putin.
Qualche anima candida affermerà che pure nella libera Italia non tutte le verità si raccontano. Può essere così. Ma quando accade, se accade, c'è la puntuale complicità di chi invece potrebbe essere liberissimo di dire anche le cose più scomode.
Basta guardare i talk show televisivi per rendersi conto di questa solare realtà. Dopo che tutti sono stati almeno per un attimo virologi, adesso si dibatte se la resistenza dell'Ucraina sia paragonabile alla nostra, se l'Anpi sia diventata pacifista parlando degli ucraini, sebbene in Italia i partigiani abbiano fatto la guerra per conquistare la pace. Ci si accapiglia, si sovrappongono le voci, persino i conduttori a volte perdono la trebisonda e palesemente parteggiano per una delle fazioni in campo. Ci sono situazioni che professionalmente non sarebbero il massimo, ma si può fare.
Genova e la Liguria tutta hanno dato un contributo determinante alla libertà di oggi. Lo diedero negli anni difficili della Resistenza, con centinaia di partigiani pronti a farsi uccidere pur di averla vinta sulla tirannia. E non si sono tirate indietro neanche più tardi, nella stagione dei cosiddetti Anni di Piombo, quando qualcuno pensò che la scorciatoia del terrorismo potesse condurre chissà dove. Il sacrificio di un operaio come Guido Rossa segnò la svolta per una democrazia ancora fragile, da tutelare anche nei piccoli comportamenti quotidiani. Rossa ne ebbe uno eroico, che gli costò la vita. Ma che salvò tutti noi.
Ecco, bisogna ripensare a quei momenti per mandare a memoria un concetto banale, diventato luogo comune eppure decisivo, come ha ricordato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: la libertà non può e non deve essere mai data per scontata. C'è voluto un prezzo altissimo per riconquistarla. Adesso, dobbiamo vigilare, ogni giorno, per proteggerla. Affinché nessuno osi portarcela via.
IL COMMENTO
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