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di Mario Paternostro

Mi diverte farmi trasportare in una Genova futura che desidero ardentemente immaginare bellissima e, soprattutto, vivibilissima. Dunque leggo con interesse ogni nuovo progetto. Sogno, e nessuno può vietarmelo, la super-diga in porto e la funivia che arriva alla Grande Muraglia del Righi, la città pluri-alberata con piante anche a ridosso della splendida spiaggia davanti alla Foce. Immagino il completamento del Waterfront di Levante inventato da quel genio di Renzo Piano, con i canali d’acqua sotto corso Aurelio Saffi e dall’altra parte corso Italia liberato dalle baraccopoli.


Credo sia giusto che nei programmi dei candidati sindaco ci sia spazio per presentare un disegno di città futura. D’altronde per oltre quarant’anni, dalla fine degli anni ’70, ho sognato che sarei andato a lavorare in una redazione milanese salendo sul Supertreno (allora lo chiamavamo così) che mi avrebbe riportato tutte le sere a Principe in 50 minuti. Lo sognavano anche alcuni grandi imprenditori che andai a intervistare e che non vedevano l’ora di raggiungere lo Yacht club velocemente, il venerdì sera per ritornarsene a casa la sera della domenica dopo avere ormeggiato la barca. Lasciando l’auto in Padania.
Ma oggi sono convinto che la più importante promessa che può fare un futuro sindaco di Genova, oltre agli impegni di rito per il lavoro, l’assistenza, la sicurezza, sia la manutenzione della città. Operazione difficilissima, ma ormai, imprescindibile quando si discetta di città vivibili.

L’altro ieri ho visitato con grande soddisfazione la bellissima mostra sugli Anni’60 organizzata dai coraggiosi conducenti di Palazzo Reale. La storia della seconda grande trasformazione di Genova dopo la prima ricostruzione degli anni ’50. Per arrivare al Palazzo dei Balbi ho percorso la superba strada. Dalla magione dei Cattaneo, a Balbi 4, da Giurisprudenza al Reale. Mi ha preso un malessere insopportabile leggendo le schifezze dipinte con una incredibile libertà sui muri dei palazzi storici, segni luridi, sfregi vandalici di ogni genere.

Ma come è possibile che Genova sia diventata il paradiso del Pennello Vandalico? Come è possibile che nessuno veda, segnali e che chi commette questi reati sia scoperto e punito?
Non c’è quartiere, strada o piazza genovese dove la vernice non abbia violentato un muro. Dalle dimore storiche ai muretti delle “creuse”. Nessuno riesce a evitare lo stupro pittorico.
Che si unisce all’uso improprio dei cassonetti dell’immondizia fatto da un popolo di suini (con tutto il rispetto per gli adorabili quadrupedi). Possibile che la pandemia di scatole di cartone che ossessionano la nostra vita commerciale non possa essere limitata? Basterebbe che tali scatole, prima di essere mollate ingombranti a fianco ai contenitori venissero scomposte. Giuro che ci sono riuscito anche io.


Infine la pisciate canine. Qualcuno tenta di difendersi, invano. In via Assarotti un negoziante con vetrine sul marciapiedi ha posto un cartello: “Questo è un negozio non un pisciatoio”. Stessa supplica nei pressi dei divertenti Giardini Luzzati (sindaci, moltiplicate iniziative sociali intelligenti come questa!). Su un portone: “Se ti vedo di nuovo far fare i bisogni al tuo cane qua ti piscio in testa”. Mi auguro vivamente che l’autore di questo ultimo messaggio riesca nel suo intento.


Insegnare l’educazione è difficile. Insegnare il senso civico una impresa titanica.
Sindaci che verrete, provateci! Come? Beh, i candidati siete voi…..