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di Dario Vassallo

Come molti di voi, anch’io ho visto la settimana scorsa l’omaggio a Lucio Dalla dall’Arena di Verona. Non voglio entrare nel merito delle rivisitazioni delle canzoni, ognuno può pensarla come meglio crede, ma l’evento mi ha fatto tornare alla memoria un ragionamento che mi era venuto in mente dieci anni fa alla scomparsa del cantante legato ad uno dei suoi brani che amo di più, per quanto poco conosciuto: ‘La canzone di Orlando’ che chiudeva ‘Il giorno aveva cinque teste’, disco bellissimo. Era il 1973.

Un pezzo di grande atmosfera ma molto criptico (testo del grande poeta Roberto Roversi) nel quale ogni strofa veniva chiusa con l'enigmatica frase 'Anser anser che va...'. Da lì ho cominciato ad interrogarmi su chi (o cosa) fosse questo (o questa) anser. Né il disco ti dava il minimo aiuto, non contenendo i testi delle canzoni che in qualche modo avrebbero potuto consegnarti se non la risposta almeno un qualche indizio. E dunque, prima cosa, era un anser che cominciava con la 'a' o con la 'h'? E ancora, dato l'Orlando del titolo, fosse mai stato un personaggio minore e misconosciuto del ciclo dei Carolingi di cui nessuno era a conoscenza? Per un giovane appassionato di musica che della musica cercava di capire e sapere il più possibile il pensiero ricorreva, tanto più che neppure i vocabolari o i dizionari davano una mano (allora il vocabolo 'anser' nel Devoto-Oli non c'era, adesso sinceramente non so).

La risposta arrivò dopo settimane, e per puro caso: a Boccadasse, bevendo una birra seduti sul muretto di fronte al bar dove noi scapestrati passavamo le serate, mentre affrontavamo il problema per l’ennesima volta l’amico di un amico che studiava ornitologia ci disse con semplicità e un pizzico di sufficienza quattro parole che ci schiusero un mondo: ‘E’ un’oca selvatica’. Era un'oca selvatica, porca miseria! Mai avrei potuto immaginare, mi viene da sorridere a pensarlo ancora adesso, il piacere che provai in quel momento, più o meno lo stesso di quando capii (in quel caso però intuizione personale) che il 'Cesare' citato in 'Alice' da De Gregori era Pavese. Intendiamoci, aver scoperto il mistero non rese alle mie orecchie 'La canzone di Orlando' più bella, non era possibile, ma l'importante non era quello, quanto l'aver raggiunto l'obiettivo. Poco importava se con piccolo ma fondamentale aiutino.

Ora io, come tutti, non riuscirei a fare a meno di internet e tutto ciò che gli fa capo - email, facebook, twitter e via dicendo - neppure per mezza giornata e tuttavia che questa straordinaria invenzione abbia in qualche modo influito sulla nostra fantasia e la nostra immaginazione riducendole in modo considerevole, è fuori di dubbio. Perché rende tutto troppo facile, troppo immediato, troppo scontato, troppo a portata di mano.

Oggi vai su Google, digiti 'anser' e in attimo ecco la pagina di Wikipedia che descrive perfettamente questo genere di anatidi (!) “talora chiamata "oca cenerina" proprio per la caratteristica sfumatura grigio-cenere del suo piumaggio, dal carattere sociale che in volo adotta una tipica formazione a V”. Hanno anche un carattere sociale, beate loro. Senza contare le decine e decine di foto di anser anser che ti vengono proposte se ne cerchi le immagini.

Tutto molto bello, per carità, e perfino utile. Però lasciatemi confidare tutta la tenerezza per quei tempi in cui la risposta me la sono immaginata più volte, sbagliando sempre, e comunque - alla fine - meritatamente sudata. Una risposta su tutto, e in un battere di ciglia: ma che soddisfazione c'è?