Cronaca

Una grave anomalia non riscontrata già alla fine degli anni '90 su un viadotto di Roma conferma che le verifiche riflettometriche non garantivano sicurezza, non a caso l'Italia era uno dei pochi Paesi che li utilizzava
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di Miv



GENOVA - Le verifiche su un altro viadotto strallato progettato da Morandi, l'Ansa del Tevere alla Magliana di Roma, confermarono già alla fine degli anni '90 che le prove riflettometriche a cui Autostrade per l'Italia affidava i controlli delle infrastrutture e la vita di chi le percorreva a test inaffidabili se non corredati da altre verifiche più approfondite sul campo.

Quell'esame riflettometrico infatti non rivelò una grave anomalia del ponte alla Magliana per fortuna poi accertata da un'endoscopia effettuata nello stesso periodo.

L'ennesima rivelazione che conferma la superficialità su cui si fondava il sistema con cui Aspi e Spea gestivano le autostrade è arrivata da un testimone dell'accusa nell'udienza del processo per la tragedia del viadotto Polcevera, costata alla vita a 43 persone e per cui alla sbarra di sono 58 imputati fra cui i vertici di Autostrade per l'Italia e di Spea che aveva il compito di monitorare le infrastrutture.

A svelare del clamoroso errore delle prove riflettometriche, le verifiche che testano cavi e guiane di cemento grazie alle onde di impulsi elettrici, è stato Alberto Gennari Santori, amministratore delegato dell'azienda che gestiva quel tipo di controlli.

"Le prove riflettometriche non videro l'assenza di iniezione e la presenza d'acqua nella struttura - ha raccontato in aula Santori - noi spiegammo che il nostro metodo rileva solo le variazioni che in questo caso non c'erano, vista l'assoluta mancanza di iniezioni, le riflettometriche infatti non individuano un cavo tutto ammalorato mentre lo vedono se lo è a metà, il committente questo lo sapeva".

Per capire la scarsa attenzione che si prestavano ai controlli delle autostrade da parte di Aspi in udienza è stato ascoltato anche Stefano Gennenzi, titolare di un'azienda che effettuava ispezioni fotografiche e in video con i droni: "Noi dovevamo fare solo un report di immagini" ha detto il teste, mai il pm poi gli ha ricordato che quando era stato interrogato aveva risposto in un altro modo dicendo "operiamo quando c'è necessità di ispezionare parti difficoltose da raggiungere".
Il teste allora, incalzato anche dal giudice Lepri, ha rettificato: "Intervenivamo per razionalizzare tempi e costi delle verifiche".

Come a dire: Autostrade e Aspi per risparmiare a volte invece di effettuare sopralluoghi sulle strutture con scassi mirati nei punti a rischio si limitavano a scrutarle dall'altro con i droni.

Una ricerca ossessiva del risparmio, quella di Aspi e Spea, che emerge nel giorno in cui Alessandro Benetton, nel presentare la nuova holding di famiglia Mundys che prenderà il posto di Atlantia ammette: "Nella tragedia del Ponte Morandi, Atlantia ha commesso l'errore di aver dato "molte deleghe, troppe deleghe" al vertice di Autostrade.

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