VENTIMIGLIA - "Con tutto il rispetto e la comprensione nei confronti della Francia, e senza la pretesa di entrare in competenze che non sono mie, la scelta della Francia di sospendere unilateralmente il trattato di Schengen, scelta dettata probabilmente da esigenze interne di sicurezza, ha creato senza ombra di dubbio un problema in Italia, nello specifico respingimenti e quindi stazionamento nella città di Ventimiglia. Città - prosegue monsignor Antonio Suetta, vescovo della diocesi di Sanremo e Ventimiglia - che non è meta del loro viaggio pertanto loro stessi non sanno come sistemarsi qui".
Suetta tiene a sottolineare che il problema non è solo della città di Ventimiglia e dell'inevitabile disagio che questo fenomeno può creare ma il problema vero è dei migranti perchè sono persone in una situazione particolare di fragilità e precarietà.
"Sono persone - spiega - che devono essere riconosciute, accompagnate e sostenute in quello che è un loro diritto perché come ricordato dal Papa Francesco, esiste il diritto a migrare ed esiste ancora di più il diritto a non essere costretti a migrare"
Alla domanda "Il ruolo della Chiesa'? Suetta risponde che "svolge, insieme a numerosi associazioni laiche e volontari un'opera di prima accoglienza. Nello specifico, a Ventimiglia, vi è l'accoglienza domiciliare riservata in modo particolare ai più fragili quindi donne a bambini. Abbiamo messo a disposizione due piccoli appartamenti oltre che vestiario, cibo, farmaci, prodotti per l'igiene intima. Non memo importante - conclude Mons. Suetta - consulenza legale e supporto logistico. In senso più ampio, la Chiesa, cerca di formare le coscienze a considerare questo fenomeno non soltanto con l'obiettivo molto stretto dell'interesse personale o del disagio che grava pesantemente qua e là ma di continuare a promuovere la considerazione di questo fenomeno in prospettiva autenticamente umana".
Nel frattempo Caritas Ventimiglia, attraverso le parole del responsabile Christian Papini, ribadisce la necessità di riaprire un centro di accoglienza. "L'assistenza domiciliare viene riservata a donne incinta, mamme, bambini e nuclei familiari. Gli uomini considerati adulti, quindi dai 22 anni sono 'costretti' a passare le notti fuori con tutte quelle che sono le possibili, potenziali conseguenze. Un centro di accoglienza aperto a tutti, un tetto sotto cui dormire, allevierebbe sicuramente i disagi alla cittadinanza e alla Città".
IL COMMENTO
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