Cronaca

Lo svela Roberto, commissario della Municipale per anni alla sezione Infortunistica. Per questo la figlia Alessia quando è diventata psicologa ha svolto uno studio sullo stress degli agenti a cui spetta informare i familiari delle vittime degli incidenti
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di Michele Varì

 GENOVA - Quanto è difficile e stressante bussare alla porta di una famiglia, a volte in piena notte, per portare la notizia che nessuno vorrebbe comunicare: "Suo figlio è stato vittima di un incidente, purtroppo non ce l'ha fatta...".


Il peso di avvertire i familiari di chi muore in un incidente stradale spetta quasi sempre ai poliziotti della polizia municipale della sezione Infortunistica o della polizia stradale.
Uno stress che gli agenti, quelle persone che indossano una divisa, loro stessi figli e genitori, subiscono e spesso si portano appresso per il resto dell'esistenza, condizionando la vita privata e familiare. Perché svelare a due genitori di avere perso il loro unico figlio può essere un trauma indelebile.

Nasce da questo presupposto la ricerca di Alessia Forni, neolaureata figlia di Roberto Forni, commissario e comandante della polizia locale della bassa Valbisagno con alle spalle molti anni nella sezione Infortunistica, ha vissuto sulla sua pelle i condizionamenti e i disagi di un padre che tornava a casa, molte volte a tarda notte, smontava dal turno di lavoro turbato dall'avere visto morire una persona in un incidente stradale, molto spesso giovani alla guida di moto, e poi incaricato anche del compito più difficile e delicato: bussare alla porta per avvertire del decessi i familiari della vittima.

"Ho preso coscienza dello stress che papà si portava in casa - ricorda Alessia, che ha lo studio in via Di Brera, nel centro di Genova - quando una sera rifiutò la cena con le polpette al sugo che pure aveva sempre mangiato, "il problema - mi disse allontanando il piatto - non sono le polpette ma le cose che mi ricordano...".

Poche ore prima Roberto era stato costretto a intervenire su un incidente mortale in cui un giovane aveva perso la vita dopo essere finito fuori strada con la moto: agli agenti, a Roberto, era toccato anche raccogliere alcune parti del corpo del ragazzo straziate nell'impatto.

"Sono compiti che ti segnano, ti cambiano l'umore e ti rendono triste" ammette con un filo di voce Roberto, un omone alto e robusto.

Le modalità di come comunicare il dolore in alcuni Paesi d'Europa agli agenti vengono insegnate, impartite da professionisti, psicologi che indicano i modi meno traumatici di dare notizie così terribili che cambieranno per sempre la vita del destinatario e della sua famiglia.

"Noi non facciamo corsi di questo tipo - spiega Roberto Forni - e così ci comportiamo cercando di utilizzare il buon senso, il modo meno traumatico per comunicare la morte di un familiare per esperienza è quello di non fare troppi giri di parole e non ritardare la comunicazione. Chi riceve la nostra visita, spesso a ore insolite, capisce subito cosa gli stiamo per dire, forse ce lo legge negli occhi, e così è bene non diluire lo strazio e comunicare subito quanto è accaduto".

La storia di Roberto e Alessia Forni andrà in onda a Primocanale, in Michè, in onda lunedì 5 febbraio alle 22.30

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