Cronaca

La prima udienza ci fu il 7 luglio del 2022. Non sarà più in aula il fonico precario che rifiutando il rinnovo del contratto part time, definito inadeguato, denuncia le precarie condizioni di lavoratori che operano per conto del Ministero della Giustizia
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di Michele Varì

GENOVA - Riprende oggi davanti ai giudici Lepri, Baldini e Polidori (nella foto a sinistra) il processo per la strage di Ponte Morandi con il prosieguo della fase tecnica in cui i magistrati dell'accusa faranno domande ai consulenti degli imputati, nello specifico a rispondere ai pm Cotugno e Airoldi (a destra) toccherà agli esperti degli ex dipendenti di Spea. Obiettivo: capire le cause e le eventuali responsabilità del crollo che nel 2018 ha ucciso 43 persone e per cui ci sono alla sbarra 58 persone.

Un processo che proprio in questa settimana compirà due anni di vita visto che era iniziato il 7 luglio del 2022.

A palazzo di giustizia intanto non si è spento l'eco dell'amara vicenda del fonico che per due anni per conto di un ditta in appalto con il Ministero delle Giustizia ha registrato video e audio delle udienze: il tecnico alla vigilia dell'ultima udienza di giovedì scorso aveva deciso di non presentarsi al lavoro perché il contratto scaduto era stato rinnovata solo alla vigilia dell'udienza e per pochi mesi e, si dice, a condizioni economiche non accettabili, tanto che in aula alcuni avvocati hanno parlato di onorari da braccianti agricoli.

Il fonico oggi non sarà in aula e a causa della sua coraggiosa decisione di non accettare quelle condizioni di lavoro: una situazione spinosa che fa ancora più scalpore perché avvenuta di fatto in contesto in cui operano giudici, magistrati e i migliori avvocati d'Italia. Un episodio su cui forse sarebbe il caso di fare luce non solo dal punto di vista sindacale visto la grande attenzione e l'allarme per lo sfruttamento dei lavoratori precari meno garantiti, che evidentemente non sono solo i migranti dei campi di Latina, ma anche persone che operano nei tribunali, solo in linea teorica, a quanto pare, la casa della giustizia.

Tornando al processo oggi i pm interrogheranno i consulenti Spea Landolfo, Saetta, Savoia e Antonelli. Nelle ultime udienze non erano mancate le polemiche da parte di alcuni legali per il vibrante modo di condurre il controesame da parte del pm Cotugno.

Per i tecnici di Spea che hanno concluso la loro deposizione a fine maggio a provocare il crollo è stato un difetto di costruzione sulla pila 9 avvenuto nella primavera del 1967, a pochi mesi dall'inaugurazione del ponte, errore mai rivelato dai costruttori e impossibile da diagnosticare.

Il vizio occulto e occultato è la causa principale anche per i consulenti di Autostrade per l'Italia che lo definiscono "senza precedenti nella storia dell'ingegneria".

Più precisamente i consulenti di Aspi scrivono nella loro relazione: "La fatale mancata tempestività della esecuzione dell’intervento sullo strallo di pila 9 lato mare lato Genova consegue alla mancata conoscibilità delle conseguenze del difetto costruttivo, un difetto occultato dai costruttori senza precedenti nella storia dell’ingegneria, ignoto alla scienza delle costruzioni".

I consulenti Aspi però non si limitano al difetto di costruzione ma aggiungono altri tre fattori scatenanti, primo fra tutti il carroponte che sino alla sera prima del crollo era ancorato al viadotto per permettere la sostituzione dei jersey: l'attrezzatura avrebbe lesionato l'impalcato, la strada, anche se il titolare della ditta quando è stato ascoltato in aula nelle vesti di testimone della difesa ha garantito che il carroponte non ha lesionato il viadotto e di avere lavorato seguendo il progetto di Aspi.

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