Cronaca

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Non ci fu premeditazione, secondo i suoi legali, quando Alberto Scagni uccise la sorella Alice il primo maggio 2022. Quel giorno, attese la 34enne sotto casa sua a Quinto e, quando lei scese per portare fuori il cane, la colpì con oltre venti coltellate.

Ora, gli avvocati Mirko Bettoli e Alberto Caselli Lapeschi cercano uno sconto di pena. Scagni è stato condannato a 24 anni e sei mesi in primo e secondo grado, con riconoscimento di seminfermità, ma senza le aggravanti della crudeltà e del mezzo insidioso, ovvero il coltello nascosto in un sacchetto di plastica. Oggi si svolge l'udienza in Corte di Cassazione a Roma, dove i legali sostengono che il delitto non fosse premeditato. A loro avviso, non ci sono prove concrete su cosa Scagni facesse nelle ore precedenti all'omicidio. Inoltre, argomentano che vi sia una contraddizione tra la premeditazione, che implica lucidità nell'organizzazione del crimine, e la sua seminfermità mentale.

La procura generale considera il ricorso inammissibile, sostenendo che la sentenza d’appello ha chiarito adeguatamente la presenza di premeditazione. L'escalation delle minacce ai familiari per ottenere soldi e l'attesa sotto casa per almeno due ore prima dell'aggressione sono elementi chiave. Inoltre, il vizio parziale di mente riguarda il volere piuttosto che l'intendere; una personalità narcisistica non esclude la possibilità di premeditazione.

Se la Cassazione accogliesse il ricorso, gli atti verrebbero rinviati alla Corte d’appello di Milano per una “rideterminazione” della pena, potenzialmente riducendola da 24 anni e sei mesi a 16 anni e due mesi. Attualmente, Scagni è detenuto nel carcere di Torino dopo aver subito due aggressioni in precedenza. I genitori non sono presenti in udienza; avevano denunciato presunti allarmi ignorati dalle forze dell’ordine e dalla salute mentale, portando a un'inchiesta archiviata. La famiglia Scagni ha anche presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha dichiarato il caso ammissibile e ora lo valuterà nel merito. "La corte ha giudicato ammissibile, da un punto di vista giuridico, il ricorso per la violazione dei diritti umani - commenta il legale della famiglia Scagni Fabio Anselmo - nel ricorso presentato ci sono le critiche sul trattamento della giustizia italiana riservata alla famiglia Scagni". 

La nota della famiglia Scagni:

Oggi abbiamo avuto la notizia che Ricorso CEDU sulla vicenda ignobile dell’abbandono subito nella tragedia che ha travolto la vita dei nostri figli ha avuto conferma di Ammissibilità. Tragedia che noi continuiamo a ritenere quantomeno arginabile sulle tremende conseguenze.
Questa prima decisione di mera Ammissione a trattare il ‘caso Scagni’ da parte della Corte Europea, ci conforta minimamente nel nostro insanabile dolore: dunque non siamo soltanto patetici visionari persecutori ma esiste una Giustizia che vuole vederci dentro, che intende meritevole valutare l’operato delle Istituzioni dello Stato Italiano da sottoporre a vaglio di correttezza (anzi di esistenza!, vista la pesante inerzia che si è platealmente dimostrata nei fatti).
Era quello che chiedevamo, un esame di coscienza giuridicamente leale di tutte le parti in causa. L’abbiamo urlato quella notte davanti al corpo di Alice persa. A lei lo dobbiamo che ha perso davvero tutto. L’abbiamo asserito in Questura il mattino dopo: vogliamo sapere dove e come abbiamo sbagliato, cosa dovevamo fare di più, oltre a far fermare Alberto folle dal CSM, oltre a chiedere aiuto di ultima istanza al 112. Oggi vi è stata Udienza in Cassazione per ricorso di Alberto contro aggravante di Premeditazione. Non è nostra materia, ma è nostro diritto affermare che la verità processuale storicizzata definitivamente con Sentenza di Primo Grado su cui si basa anche il lavoro degli Ermellini è una verità distorta e falsata per comodità di vittimizzazione della famiglia Scagni, la famiglia di Graziano, Antonella, Alberto e Alice. E salvare dall’esame Altri. Nessun altro sa, nessun altro conosce il nostro dolore, nessun altro si può permettere ricostruzioni fantasiose e utilitaristiche della vita della nostra famiglia, dei nostri sentimenti e comportamenti, senza concederci (come di fatto negato) di contribuire (con pari dignità alle altre Parti Processuali) al raggiungimento della Verità dei fatti. Niente e nessuno riporta in vita Alice, ma il dovere di perseguire Verità e Giustizia sarà per noi fino all’ultimo nei nostri pensieri. Col pensiero di Alice sempre vicino a noi.