Paura per gli equipaggi di cinque auto ieri sera sulla A26 prima del passo del Turchino in direzione di Genova: a causa della rottura di un giunto del viadotto Tianin le vetture hanno bucato gli pneumatici rischiando di finire fuori strada.
E' successo dopo le diciannove: tutti i conducenti per fortuna sono riusciti a non sbandare e ad arrivare al vicino autogrill del Turchino, dove hanno poi cambiato gli pneumatici squarciati dal giunto.
L'allarme dagli automobilisti spaventati
La segnalazione del giunto rotto è arrivata subito alle centrali operative di Autostrade dell'Italia e della Polizia Stradale: gli operatori di Aspi hanno inviato sul posto una squadra di pronto intervento che ha prima segnalato agli automobilisti il giunto rotto con appositi cartelli e poi ha posto in sicurezza il viadotto con apposito materiale di bitume. I poliziotti della stradale dopo avere coordinato e disciplinato il traffico hanno preso nota di quanto accaduto e redatto una relazione, annotando i danni riportati dalle cinque auto danneggiate per agevolare e avviare le pratiche di risarcimento danni agli automobilisti.
Solo per caso nessuno ferito
La rottura del giunto non è rara sui tratti autostradali di Autostrade per l'Italia, ma è un'anomalia molto pericolosa: basti pensare cosa può accadere a un motociclista che buca un pneumatico mentre viaggia ad alta velocità.
Sotto accusa la manutenzione
Per prevenire le rotture di questi elementi che uniscono ed assecondano la dilazione dei tratti stradali di un viadotto serve una manutenzione molto rigida e puntuale che tenga conto di molti fattori fra cui la curvatura e della tipologia del ponte: ogni giunto ha una durata presunta e per questo deve essere controllato e cambiato prima delle scadenze, una corretta manutenzione programmata che evidentemente, salvo casi eccezionali, non viene effettuata quando un giunto si rompe mettendo a repentaglio l'incolumità degli automobilisti e ancora di più dei motociclisti.
IL COMMENTO
Grazie dei consigli, caro Principe
Il Pd ha i voti e i giovani forti, ma restano i “parrucconi”